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il denaro pavese ed il suo corso in italia 57

argento fine monetato, centesimi 24,50 (24, 50568). Perciò le cento libre di denari pavesi che costituivano quella dote corrisponderebbero oggidì a lire italiane 5883 e cent. 47.

Come ognuno può ben vedere, il denaro pavese della dote di Porpora, ch’è lo stesso col quale erano costituiti tutti i censi della Chiesa romana, era quello antico e della migliore specie che la zecca di Pavia avesse coniato nell’XI secolo, ed era quello stesso nel quale il Brambilla aveva ritrovato un valore di argento fine, corrispondente al prezzo medio di centesimi 24 già da noi veduto.

Come avveniva adunque che il prezzo di questo antico denaro, divenuto ideale, giungeva inalterato fino a quell’epoca dopo i deterioramenti avvenuti nella specie effettiva? Il prezzo di questo denaro giungeva inalterato in Roma nel 1195, nello stesso modo che era giunto inalterato in Genova circa il 1150, cioè in valuta censuale, trasmessa di equivalenza in equivalenza, sia per mezzo dello stesso denaro pavese deteriorato, sia coi denari di altre zecche che successivamente lo sostituirono.

Genova, nell’anno 1139, e Roma nel 1184, costituirono le loro zecche principiando a battere moneta propria. In quella occasione, queste due città successivamente ricercarono e stabilirono nella nuova propria moneta, il cui intrinseco corrispondeva bene al valore assegnato, il vero prezzo che l’antico denaro pavese aveva avuto all’epoca in cui venne diffuso in Italia e col quale, nell’XI secolo, erano stati stabiliti censi e contratti.

Ma quale potrà essere stata la ragione per la quale ritrovammo in Genova l’antico denaro pavese corrispondere al prezzo di centesimi 23, 172804 di nostra moneta corrente, mentre lo stesso denaro in Roma avrebbe valso cent. 24,50?