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la zecca di bologna 475

rale che anche nelle cose relative alla zecca non vi fossero contestazioni di sorta, nessuno potendo ostare agli ordini diretti del consiglio di libertà condotto da Giovanni. Questi, fedele al suo proposito ed ossequente a parole al pontefice, aveva rinunciato persino a far riprodurre la propria immagine nelle monete, il che gli sarebbe riuscito facile e a noi certo più gradito. Solamente più avanti, come vedremo, si valse di quella facoltà ch’egli, ghibellino d’idee e d’intedimenti, ottenne facilmente dall’imperatore Massimiliano.

Nell’ottobre del 1489 i Riformatori, dopo aver deciso di far coniare monete d’oro, d’argento e di rame, nominavano tre di loro per stabilire le modalità della nuova battitura. I capitoli furono presentati il 3 novembre, ma nemmeno questa volta, vi è ricordato il nome del nuovo appaltatore. L’officina fu ceduta per un triennio col patto che vi si coniassero trecento libbre d’argento di grossoni e grossetti, pagando alla Camera soldi due e denari due per ciascuna libbra: per l’oro (alla lega e stampe consuete) cinque soldi per libbra di peso d’oro lavorato, per quattrini e denari piccoli tre soldi per libbra. L’appaltatore avrebbe poi sborsate L. 100 a Giovanni Bentivoglio per pigione della zecca, e avrebbe presentate buone sicurtà1. Le coniazioni si succedevano dunque, con frequenza: ciò trova spiegazione nello sviluppo anche commerciale che Bologna andava prendendo, favorita dalla sua posizione che accoglieva lo sbocco degli scambi di quasi tutta l’alta Italia. Molte gride, l’una dopo l’altra, regolavano il corso delle monete di Venezia, Milano, Firenze, Genova, Siena, Ferrara, Mantova, Lucca, e

  1. Zecca. B. 3. (Affitti, ecc.).