Pagina:Roma Antica 4.djvu/66

Da Wikisource.
54 L E T T E R A

senza paragone più riguardevole, e più noti delle Terme di Agrippa, che dopo fabbricate quelle di Caracalla, e di Diocleziano non potevano essere in gran considerazione. Onde io giudico piuttosto, che il Tempio, ed il Portico del Buono Evento fossero fuori del sito delle due strade, che dai due canti della Chiesa della Rotonda portano l’una ai Cesarini, l’altra alle Stimate, o di qua, o di là in sino, che si potessero chiamare contigue alle Terme; mentre la somiglianza della materia, e della struttura fra gli archi posti dietro alla Rotonda, e quegli della Ciambella, l’esser essi nella medesima dirittura, gli dimostra membri di una medesima fabbrica. Ma per ritornare dopo questa breve digressione alla materia propostami: Se alcuno mi oppone non aver potuto l’acqua Vergine sollevarsi a tanta altezza, che fosse di mestieri condurla su gli archi nelle Terme di Agrippa; io rispondo togliersi via agevolmente ogni difficoltà sopra di ciò, se si consideri la differenza del piano moderno dall’antico, e quanto questo fusse più basso di quello.

Di ciò fanno indubitata fede gli Archi del Condotto principale di quest’acqua, ritrovati, come si è detto di sopra, nel fare i fondamenti della fabbrica di Sant’Ignazio, i quali con tutta la loro altezza erano necessariamente per qualche palmo sotto il piano presente. Onde per questa considerazione io stimo, che il muro, nel quale sono stati trovati i mattoni, fosse parte dell’ordine degli archi di sopra dell’acquedotto, onde non debba parer maraviglia, che in esso non siasi trovato alcun vestigio della forma, la quale dovendo portar l’acqua nell’altezza, alla quale potea sollevarsi, bisogna, che fosse sopra il prim’ordine, nascosto ora sotto 11 piano moderno, com’era quello dell’altro descritto dal Donati portante l’acqua medesima. E questo secondo ordine di archi, benchè non servisse nulla, potè forse essere aggiunto all’inferiore necessario al conduttore dell’acqua per ornamento dell’acquedotto, ed acciocchè in paragone di una mole sì sublime, e sì maestosa, quale era il Panteon, che gli stava a ridosso, non apparisse ignobile e sproporzionato; e questo credo io essere stato l’abbellimento fatto da Adriano all’acquedotto vecchio di Agrippa. Nè debbo tralasciare di dire a questo propo-