Pagina:Rosselli - Scritti politici e autobiografici, 1944.djvu/145

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21 agosto

Finalmente dopo due ore giungiamo al quartier generale. Vicien. Pochi casolari sconsolati, a malapena intravisti nel buio assoluto. Una piazzetta ingombra di vetture, camions, carri, bestie, uomini. Chiedo il comando, mi dirigono al comitato che siede in un antro fumoso. Alla luce di una candela si disegnano contro il muro sporco alcuni miliziani intenti a mangiare. È tardi. Noi non abbiamo mangiato da stamattina. E la sete è orribile. Ma prima di mangiare, bisogna cercare di Ascaso, uno dei comandanti della colonna a cui siamo aggregati, il fratello del famoso espropriatore, morto da eroe il 19 luglio.

Giriamo da una casa al l’altra. Finalmente lo trovo, seduto in fondo a un camino, circondato da alcuni fidi. Perché tacerlo? Mi è sembrato di trovarmi dinanzi al capo brigante.

Ascaso è piccolo, ma robusto; un pistolone gli pende alla cintura; gli occhi neri sarebbero vivacissimi se non fosse per... che gli dà un’espressione sulle prime torva. Ma mi accoglie bene. Conosce il francese, avendo vissuto lunghi anni come emigrato, e parla discretamente l’italiano.

Per il mangiare mi indica l’antro. E per il dormire?

Si stringe nelle spalle.

— Una casa?


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