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timento, sospeso per la comida, riprende verso le quattro del pomeriggio e si svolge quasi sempre intorno alle cascine e alle rare ville o ai ciuffi d’alberi. La fortificazione è ignota. Quando la pressione nemica è troppo forte si abbandona la posizione, salvo riattaccarla al momento opportuno.

Ma la posizione che ci è affidata — l’unica del settore senza una casa, un albero, un rifugio ombroso — non si può abbandonare, senza scoprire alle spalle le colonne che investono Huesca. Perciò prolunghiamo la trincea, la prima di tutto il fronte.


27 agosto.

Siamo partiti all’alba per la terza esplorazione, appunto verso Almudebar. Angeloni con una pattuglia esplora i valloni sulla sinistra della strada; io con un’altra esploro il terreno alberato sulla destra.

Per quattro lunghi chilometri nulla e nessuno. Vigneti e mandorleti cintati, casupole abbandonate. In vista di Almudebar l’altra pattuglia ci raggiunge. Le rovine ciclopiche di un castello dominano il mazzo delle casupole. Tutto il fianco destro del paese è di case trogloditiche ritagliate nella collina. Nella piana antistante si scorge il nemico e la sua rete di piccoli posti appoggiati a una collinetta conica fortificata. Vediamo delle artiglierie. Nonostante fossimo nascosti in una cava di pietre, il nemico ci ha avvistati. L’allarme è evidente. Un gruppo di soldati corre verso

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