Pagina:Rosselli - Scritti politici e autobiografici, 1944.djvu/27

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è un momento di smarrimento e di incertezza a bordo. Si discute per sapere dove stia di casa la Corsica. Forse è quella nuvolaglia a sinistra, lontanissima; il vento ci aveva fatto deviare dalla rotta sensibilmente. Col mutamento di rotta la danza si fa più selvaggia. L’onda sbatte con violenza sulla fragile chiglia e pare debba ad ogni colpo schiantarsi.

Turati, steso sui cordami a prua, resiste stupendamente al mare, e solo nelle ultime ore sembra soffrire. È calmo, mirabilmente calmo, indifferente a tutti i destini. Ha lasciato la sua casa, i suoi morti, Milano, l’Italia; ormai tutto è eguale. Annegare in mare o annegare in esilio, a settant’anni......

Ma ecco la linea dei monti farsi più chiara col M. Cinto che tutti li sovrasta. L’isola Rossa ci saluta, ci saluta il sole. Calvi svela il suo forte proteso sul mare. Il mare, via via che ci avviciniamo alla costa, si rabbonisce fino a farsi calmissimo. Navighiamo ora in un’atmosfera di sogno, ritti in piedi protesi verso la terra amica.

Entriamo in rada alle dieci del mattino, sfiniti, inzuppati ma felici. Scendiamo. Turati è subito riconosciuto. Sbrigate le pratiche con la polizia, il circolo repubblicano locale improvvisa un ricevimento. Turati si schermisce, è stanco dopo la terribile notte. Ma gli altri insistono e conviene cedere. «Au nom de la démocratie française, au nom de la Corse......». Il leader locale saluta l’Italia, l’antifascismo, Turati.

Turati si alza. È miracoloso il vecchio. Risponde


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