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che toglie ogni lite alla morte dei re; vale a dire che sostituendo l’inconveniente delle reggenze a quello delle elezioni, si preferì una apparente tranquillità ad una amministrazione prudente, e si amò meglio di correre rischio d’avere a capi dei bambini, dei mostri, degli imbecilli, che d’avere da disputare sulla scelta di re buoni. Non si considerò che esponendosi in questo modo ai rischi dell’alternativa, si ha quasi tutte le probabilità avverse. Stupenda parola fu quella di Dionigi il giovane, cui suo padre rimproverandolo d’una azione vergognosa, diceva: te ne diedi io l’esempio? Ah! rispose il figliuolo, vostro padre non era re1.

Tutto concorre a privar di giustizia e di ragione un uomo allevato per comandare agli altri. È fama che si duri molta fatica per insegnare ai giovani principi l’arte di regnare, ma non sembra che giovi loro gran fatto cotesta educazione. Si farebbe meglio assai se si incominciasse ad insegnar loro l’arte

  1. Plutarco, Detti memorandi dei re e dei grandi capitani, § 22.