Pagina:Rovetta - Baby e tiranni minimi.djvu/210

Da Wikisource.
210 tiranni minimi


e anche lei si diede a strillare, con quanto fiato aveva in corpo. Sollevò di peso la bambinaia, la portò sul canapè, le spruzzò la faccia con acqua e aceto; la baciò, la ribaciò, le riscaldò col fiato le manine diacce, e quando ritornò in sè, le giurò che non l’avrebbe mai abbandonata, che sarebbe stata come la sua mamma, e ad ogni costo le fece buttar giù un mezzo bicchierino di fernet puro, che, non essendoci la ragazzina abituata, le dette il travaglio di stomaco.

E per tutto quel giorno la signora fu buona coll’Agnese, e ogni momento volea darle da mangiare. Ma poi, dopo pranzo, tutto quel calore si raffreddò; cominciò a stringere le labbra e a rannuvolarsi, brontolando che «non bisognava abusare del buon cuore dei padroni». Agnese, ecco il guaio, aveva pregata la Contessa di lasciarla restar in casa per quella sera.

— «Cheh! cheh! doveva uscire per distrarsi! Un po’ d’aria le avrebbe fatto bene! — Non è vero, Lao? — E poi, dovea portarsela in braccio lei, la Rosalia?»