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accendere il sigaro, brontolarono a bassa voce che «la società era proprio impossibile!»

— La Zanibon, non è punto fina — osservò il Damonte tristo tristo.

— Credo bene, — rispose Scipio Spinola, stizzito e senza ridere; — è un pezzo d’artiglieria!

Quella sera i due amici non si mostrarono al club. Temevano che anche là ricominciassero le osservazioni e i motteggi. Invece, per far tardi, continuarono a girare un po’ a caso, finchè, senza mai dire una parola, andarono a rincantucciarsi al Caffè Dante. Il Damonte era raffreddato per davvero e sorbì un appio caldo; Scipio Spinola, rosso come un gambero, prese un bicchierino di cognac, brontolando ch’era cattivissimo. Poi tutti e due ritornarono muti, pensosi; Titta Damonte tossendo e sospirando, mentre l’altro assonnacchiato si divertiva a fare il tamburino con le dita, sull’orlo del cabaret. Speravano entrambi che passasse dal Caffè qualcuno dei frequentatori soliti di casa Castelguelfo, per sapere almeno che cosa aveva detto la contessina Baby a proposito della loro assenza.