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Pagina:Rubagotti-bovio-giordanobruno.djvu/15

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Egli, che si era fatto ministro della religione cristiana, doveva, indi a poco, ribellarsi contro di essa, contro i suoi dogmi e le sue superstizioni, per divenire banditore di una nuova fede, più bella, più elevata, più serena, avente per base il vero e la ragione.

Smessa la timidità del novizio, a diciotto anni incomincia a palesare i suoi dubbi sui dogmi che la Chiesa propone alla fede dei credenti e particolarmente dei misteri della transustansazione di Cristo e della verginità di Maria.

Non è solamente il giogo della fede monastica, ma anche quello della fede cristiana che pesa sulla sua ragione. Giovane ancora egli intravede in tutte le religioni positive un incremento a turbare la pace umana e la quiete, spegnendo esse la luce della mente, senza giovare ai costumi. E si lagna che sino dalla puerizia venga l’anima dei fanciulli imbevuta di insani sensi circa le cose della fede.



Cotesta sua precoce tendenza a criticare quello che era ammesso e ricevuto, non poteva che condurlo a conflitti verso i suoi superiori.

Già, come novizio, aveva corso il pericolo d’un processo, per essersi dato a criticare un suo compagno di intrattenersi nelle letture dei miracoli della Madonna a preferenza di leggere le vite dei santi. Un’altra volta aveva suscitato scandalo in convento, per aver spogliato la sua cella delle immagini dei santi e delle madonne che l’adornavano, non ritenendo per sè che un solo crocifisso.

Assunto ai gradi del sacerdozio, accentuò maggior-