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GIULIO CESARE
ATTO PRIMO
SCENA I.
Una strada di Roma.
Entrano Flavio e Marullo con buon seguito di plebe.
Flav. Via, via, alle vostre case, ignavi plebei; alle vostre case, dico. Che? forse è questo dì feriato? Avete già dimentico che gli artieri non possono scorrazzare per la città senza portare i segni della loro arte? E tu, che mi ti fai più dinanzi, qual’arte professi tu?
1° Pleb. Io, Tribuno, fo il legnaiuolo.
Mar. E dove hai il grembiule? perchè vesti a festa? — E tu (ad un altro) qual mestiere fai?
2° Pleb. In verità, Tribuno, e col debito rispetto a un degno operaio, io sono quel che voi direste un ciabattino.
Mar. Sei un ciabattino?
2° Pleb. Sì, e vivo col mio spago, e non mi curo di negozi, nè d’intrighi di femmine: quando veggo una scarpa in pericolo, corro colla mia arte, e la salvo; e il più superbo patrizio cammina così sull’opera delle mie mani.
Flav. Ma perchè non istai oggi nella tua bottega? perchè guidi tutti costoro a schiamazzar per le vie?
2° Pleb. Prima di tutto, Tribuno, onde fare sconciar loro le scarpe, e procacciarmi lavoro; poi per festeggiar questo gran dì, e celebrar Cesare nel suo trionfo.
Mar. Celebrarlo! perchè? Quali conquiste fece? di quali spoglie