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8 | prefazione |
In quella guisa che a divinare il misticismo della ode antica occorre la lettura della Bibbia da cui essa s’informa; come la lettura di Omero è necessaria per comprendere i poemi venuti dopo, così è con Shakspeare soltanto che s’inizia lo studio della nuova poesia, che tiene ora il posto dell’epica e della lirica, nè sconoscendo le fonti da cui essa si originò se ne potrebbe seguire il movimento. Agli antichi che adoravano la natura e davano corpo alle idee, succede una religione che sbandì il culto della natura e spiritualizzò fino la materia; la poesia, che alla fede si lega come sorella, ripudiò allora le forme esteriori, e non attese più che alla dipintura dei sentimenti; la dualità arcana, che il cristianesimo avea rivelata, il contrasto eterno dei due principii, che si era prima intravveduto appena, fu da essa sottoposto a profonda analisi e il dramma nacque. Esso apparve da principio colla splendida forma della Divina Commedia che Dante gli diede; si mostrò sulle scene col genio di Shakspeare.
Meditando su questo gran rivolgimento e sul campo tanto più vasto che erasi dischiuso all’arte, io m’invogliai di tradurre nel nostro idioma le opere dello scrittore che tanta meraviglia avea operata, e presi a farlo seguitando la via che additata mi aveano i suoi chiosatori, fra’ quali parvemi dovesse assegnarsi il primo posto a Johnson, Warburton, Stevens e Bolingbroke. Le gravissime difficoltà che presenta l’autore, l’uso frequente di voci che ora non sono più in corso, mi rendevano indispensabili quelle guide, come lo sarebbero, credo, ad un forestiero i commenti all’Alighieri, senza dei quali mal potrebbe apprezzare le bellezze del divino poema.