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190 giulietta e romeo


Merc. Pe’ miei calcagni, non me ne curo.

Teb. Seguitemi da vicino, che parlerò a costoro. — Cavalieri, buon dì: una parola con qualcuno di voi.

Merc. Una parola con qualcuno di noi? Accoppiatela con qualche cosa: una parola e una botta.

Teb. Mi troverete abbastanza atto a ciò, se me ne date occasione.

Merc. Non potete prendere l’occasione senza che ve ne diamo?

Teb. Mercuzio, tu sei d’accordo con Romeo...

Merc. D’accordo? che intendi dire? N’hai presi per menestrelli? Se ciò hai fatto, ecco i nostri strumenti (impugnando la spada); e vedremo se tu pure saprai metterti d’accordo coi suoni che ne usciranno.

Benv. Disputeremo forse in mezzo ad una piazza? Ritiriamoci, e favelliamo con calma. Vedete come tutti i passeggieri si fermano a guardarci?

Merc. Ne guardi chi vuole; gli uomini han gli occhi per guardare; ma io non mi muoverò di qui per far piacere a chicchessia.

(entra Romeo)

Teb. Sia pace con te. Veggo ora il mio uomo.

Merc. Il tuo uomo? Ch’io sia appiccato se veste la tua livrea. Ma va; e s’egli ti seguirà dovunque più ti piaccia, in questo senso potrai chiamarlo l’uomo tuo.

Teb. Romeo, l’odio che ti porto non mi permette di dirti miglior cosa di questa. Sei un vile.

Rom. Tebaldo, le ragioni che ho per amarti mi fanno scusare lo sdegno che ti muove ad indirizzarmi un simile saluto. — Non sono un vile. Addio; veggo che non mi conosci.

Teb. Giovine, questa moderazione non iscuserà l’oltraggio che mi hai fatto. Volgiti, e mettiti in guardia.

Rom. Giuro che mai non t’offesi, e che anzi t’amo più che pensar non potresti, finchè ignota ti fosse la cagione del mio amore. Di ciò, buon Capuleto, il cui nome ho in pregio come il mio proprio, sii soddisfatto.

Merc. Oh calma vile! oh indegna sommissione! (sfodera la spada) Tebaldo, vien meco.

Teb. Che vuoi da me?

Merc. Sapiente Re dei gatti, null’altro che una delle tue nove vite1; e lascierotti l’altre, se pure il meriterai. Vuoi ora afferrare la tua spada per gli orecchi? Fa presto, per non sentire i fischi della mia prima che tu l’abbi imbrandita.

  1. Allusione a favole antiche.