Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, I-II.djvu/310

Da Wikisource.

atto primo 299


Doge. Il Turco minaccia Cipro con un formidabile navilio. Otello, voi conoscete meglio d’ogni altro le difese di quell’isola. In essa sta, è vero un ufficiale istrutto, e degno del suo grado; ma l’opinione, regina degli avvenimenti, crede, dandovi il suo suffragio, assicurare il successo. Sappiate adunque, che v’è d’uopo interrompere le dolcezze della vostra novella felicità, per andare a quella spedizione piena di fatiche e di pericoli.

Ot. Venerandi senatori, l’abito, quel gran tiranno dell’uomo, ha cangiato per me lo strato ferreo dei campi in un letto di piume. Ho in me quell’ardore, quell’alacrità naturale, che svegliano le dubbie imprese: assumo questa guerra; e prostrandomi dinnanzi a voi, non chieggo che un provvedimento per la mia sposa, che valga ad assicurarle uno stato degno della sua nascita.

Doge. A che? non abiterà ella la casa di suo padre?

Brab. Non voglio che ciò sia.

Ot. Nè io pure.

Desd. E a me ancora sarebbe di dolore il restar con mio padre, per essergli perpetuamente cagione di cruccio e di collera. Doge generoso, porgete propizio orecchio alle mie parole, e avvalorate coll’approvazione vostra la mia dimanda.

Doge. Che chiedete, Desdemona?

Desd. Ch’io abbia abbastanza amato Otello per passar con lui la mia vita, è cosa che attestar possono al mondo e il totale abbandono di me stessa, e le tempeste a cui espongo la mia vita. Il mio cuore si è sottomesso alle rare qualità del mio sposo: guardando Otello, non veggo che la sua anima; ed ho consacrata la mia alle sue virtù guerriere, alla sua gloria. Così, o illustri Senatori, se, mentre ei parte per la guerra, rimango qui derelitta come inutile arnese di pace, mi veggo frustrata dei beni che me lo fanno amare, che furono pegno di nostra unione: e in dolorosa solitudine condurrò tutto il tempo della sua assenza. Ch’io parta dunque con lui.

Ot. Acconsentite, signori; ve ne scongiuro: accordatele ciò che desidera. Nol chieggo, e il Cielo ne attesto, per l’interesse del mio amore, nè per l’impazienza di soddisfare i primi impeti d’una passione novella: è per lei che ve lo dimando; è per mostrarmi indulgente e propizio a’ suoi voti. Forseché, avendola con me, trasanderò gli affari dello Stato? Iddio preservi le vostre giuste anime dal crederlo. No; quando le tresche del fanciullo Amore corromperanno i miei doveri; quando in molle inerzia l’ebbrezza del piacere m’impedirà di far disegni di guerra o di combattere, accondiscendo che allora le vostre femmine pongano