Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, I-II.djvu/395

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8 amleto


Mar. Olà, Bernardo!

Ber. Di’: è quivi Orazio?

Or. Un brano di lui.

Ber. Benvenuto, Orazio; benvenuto, buon Marcello.

Or. Ebbene, la visione è comparsa anche questa notte?

Ber. Nulla ho veduto.

Mar. Orazio dice che è un errore soltanto della nostra imaginativa: nè vuole accordar fede alla esistenza dello spaventoso spettro, che abbiam visto due volte. Perciò, dopo molte preghiere, l’ho indotto a venir nosco perchè vigilasse la notte, onde se l’apparizione ritorna, possa render giustizia a’ nostri occhi, e favellarne.

Or. Prestigio, prestigio! non apparirà nulla.

Ber. Assidiamoci un isvante; daremo novello assalto al tuo orecchio che si mostra incredulo al nostro racconto; incredulo di ciò che due notti abbiamo veduto.

Or. Ebbene, sediamo, e udiam, Bernardo, la tua storia.

Ber. La scorsa notte, nell’ora in cui quella stessa stella, che vedi laggiù risplendere all’occaso, avea descritto il suo circolo e illuminava quella parte di cielo in cui adesso scintilla, Marcello ed io, suonando un tocco l’orologio.....

Mar. Taci, interrompi; mira, essa ritorna!

(apparisce l’ombra)

Ber. Nella forma istessa del re morto!

Mar. Tu sei dotto, Orazio; parlagli.

Ber. Non somiglia il re? miralo, Orazio.

Or. Somiglia troppo.... e mi empie di tema e di stupore.

Ber. Ei vuole gli si favelli.

Mar. Parlagli, Orazio.

Or. Chi sei tu che usurpi a quest’ora di notte la forma nobile e guerriera di cui vedemmo rivestita la maestà del re sepolto? In nome del Cielo, favella.

Mar. È offeso.

Ber. Vedi! s’allontana.

Or. Fermati, parla; parla, te l’impongo, parla.

(l’ombra svanisce)

Mar. Partito, partito, e senza darci risposta.

Ber. Ebbene, Orazio? Eccoti allibbito e trepido! Fu nostra imaginazione, e nulla più? Che ne di’ tu?

Or. Per Iddio, non l’avrei potuto credere senza la testimonianza sensibile de’ miei occhi.

Mar. Non somiglia il re?