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ricompense dell’onore; tu eri geloso degli Dei, che tuonano spesso sui mortali, ma che non isquarciano che l’aere col fragor delle loro folgori, od abbattono le quercie insensibili. Perchè non mi rispondi? Credi tu che sia di fregio per un uomo generoso il ricordarsi sempre dell’ingiuria che ha patita? Figlia mia, favellagli. Ei non si cura de’ tuoi pianti. Parla tu, povero fanciullo; forse la tua tenera infanzia lo commuoverà più de’ nostri discorsi. Non v’è nel mondo intero un figlio che abbia debiti maggiori verso sua madre; e nullameno ei mi lascia parlar qui come uno schiavo tra i ferri. Va; tu non mostrasti mai in vita alcun amore verso di me; mentr’io, genitrice sfortunata, rinunziando alla maternità, nè volendo dopo di te altri figli, t’ho educato per la guerra, e ti ho colmato d’onori in pace. — Di’ che la mia dimanda è ingiusta, e cacciami da te con disprezzo; ma se essa non l’è, tu manchi al tuo debito, e gli Dei ti puniranno, perchè mi ricusi quell’obbedienza che appartiene ad una madre. Ei ne volge il dorso... Inginocchiamoci, donne; ingiuriamolo con questa umile positura. — Certo ei ritrae più orgoglio dal suo nome di Coriolano, che pietà dalle nostre preghiere. Inchiniamoci anche una volta innanzi a lui, e sia la nostra ultima supplicazione; poi torniamo a Roma, per morire fra i nostri concittadini. — Ah! almeno volgine uno sguardo. Questo fanciullo, che non può dire quel che vorrebbe, ma che cade in ginocchio, e ti tende le tenere mani a somiglianza di noi, afforza la nostra dimanda con argomenti più sodi, che tu non n’hai da opporgli. — Su via, donne infelici, partiamo. Costui ebbe una Volsca per madre; la sposa sua abita Corioli; e se questo fanciullo gli somiglia, è puro caso. Rimandane dunque, e ti salva da noi. — Io non dico più nulla, finchè non vegga la patria in fiamme; allora troverò una voce per parlar di nuovo.

Marz. Oh madre, madre! (tenendo per mano Volunnia in silenzio) Che mai faceste? Vedete, il Cielo s’apre, e gli Dei abbassano i loro sguardi su questa pianura, e sorridono di pietà vedendo tale spettacolo contro natura. Mia madre, mia madre! avete vinto una felice vittoria per Roma; ma pel figlio vostro... credetelo, oh! credetelo... pericolosa è, se non mortale. — A che? al mio destino mi assoggetto. — Aufidio, sebbene io non possa più condurre a termine la guerra incominciata, pattuirò una pace solida e perenne. — Oh generoso Aufidio, se fossi stato al mio luogo, di’, non avresti udita una madre? di’, le avresti meno concesso?

Auf. Io pure ne fui commosso.