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310 antonio e cleopatra

delle acque del Nilo da certi segni che stanno nelle piramidi; e dall’altezza maggiore o minore di quelle inducono la buona messe, o il caro. A misura che il Nilo si ritira, l’agricoltore semina, e in breve i campi son coperti di spiche.

Lep. Là pure stanno prodigiosi serpenti?

Ant. Sì, Lepido.

Lep. I vostri angui d’Egitto si nutrono col limo cotto alla vampa del sole: fanno egualmente i coccodrilli?

Ant. Egualmente.

Pom. Assidiamoci, e ci si rechi vino. Alla salute di Lepido.

Lep. Non istò bene; ma non mi rifiuto.

Enob. (a parte) No, non starai bene che dopo aver dormito.

Lep. Ho inteso dire che le piramidi di Tolomeo erano meravigliose; l’ho inteso dire.

Mena. Pompeo, una parola.

Pom. Parlami all’orecchio; che vuoi?

Mena. Alzatevi, mio generale, ve ne scongiuro, e degnatevi ascoltarmi; non vo’ dirvi che una parola.     (a parte)

Pom. Lasciami ora... Questa tazza per Lepido.

Lep. Che animale è quel vostro coccodrillo?

Ant. Ha la forma, signore, che gli è propria: è largo come la sua larghezza; è alto esattamente come è, e si muove col ministero de’ suoi organi; vive di ciò che lo nutre, e quando ha digerito gli alimenti, ne mostra la metempsicosi.

Lep. Di qual colore è?

Ant. Del suo colore naturale.

Lep. Dev’essere uno strano serpente!

Ant. Oh sì; e le lagrime che versa sono umide.

Ces. Sarà pago di questa descrizione?

Ant. Certo, mercè la nuova tazza, che Pompeo gli dà; altrimenti sarebbe un vero Epicuro.

Pom. (a Mena a parte) Va, lasciami, impronto! Di ciò mi parli? Vattene, e fa quel ch’io ti dissi. — Dov’è la tazza che chiesi?

Mena. Se per l’amore de’ miei servigi vuoi ascoltarmi, alzati dal tuo scanno.     (a parte)

Pom. (alzandosi) Ti credo insensato. Che vuoi? (in disparte)

Mena. Io mi sono sempre attenuto alla tua fortuna.

Pom. Mi hai servito con molta fedeltà. Hai altro a dirmi? — State in festa, signori.

Ant. Credo, Lepido, che ci troviamo sopra mobili sabbie, poichè veggo che t’inabissi.

Mena. Vuoi tu essere signore di tutto il mondo?