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316 antonio e cleopatra


Lep. Tutti gli astri del firmamento illuminino la tua bella via.

Ces. Addio, addio!                                   (bacia Ottavia)

Ant. Addio!                                   (squillo di trombe; escono)

SCENA III.

Alessandria. — Una stanza nel palazzo.

Entrano Cleopatra, Carmiana, Iras e Alexa.

Cleop. Dov’è colui?

Alex. Teme di ricomparire.

Cleop. Ite, ite. — (entra un messaggiere) Avvicinati.

Alex. Buona regina, Erode di Giudea non osa alzar gli occhi su di voi se non quando il vostro volto è sereno.

Cleop. Vo’ avere la testa di quell’Erode; ma dacchè Antonio è partito, a chi potrei commettere di recarmela? — Avvicinati.

Mess. Graziosa sovrana...

Cleop. Vedesti Ottavia?

Mess. Sì, potente signora.

Cleop. Dove?

Mess. In Roma; la vidi da presso fra il di lei fratello e Antonio.

Cleop. È alta al par di me?

Mess. No, regina.

Cleop. L’udisti parlare? ha la voce acuta o grave?

Mess. L’udii; la sua voce è profonda.

Cleop. Ciò non è bene; ei non potrà amarla lungo tempo.

Car. Amarla? Oh Iside! Ciò è impossibile.

Cleop. Così pur penso, Carmiana; umile di persona, e d’aspra voce... È maestoso il suo portamento? Pensa a questo.

Mess. Si muove senza grazia; sia che vada, o stia, è sempre la stessa cosa; niuna dignità; mostra un corpo piuttosto che una vita; è una statua, non una creatura.

Cleop. È questo certo?

Mess. Oh, che non ho io gli occhi?

Car. Non vi sono tre uomini in Egitto che possano giudicare meglio di lui.

Cleop. È pieno d’intelligenza, lo so. — Non veggo nulla in lei finora... Costui ha buon giudizio?

Car. Eccellente.

Cleop. Congettura i suoi anni, te ne prego.

Mess. Signora, essa era vedova.