Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, I-II.djvu/716

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atto terzo 329

scelli, le sue legioni appartenessero a un vile; che generali di second’ordine prosperar possono sotto un fanciullo novizio come sotto i comandi di Cesare; ch’io perciò lo sfido di venire, togliendo l’ineguaglianza delle nostre fortune, a combattere con me, che diggià stommi sul declinar degli anni, ferro contro ferro, da solo a solo. Questi gli scriverò; seguimi.

(escono Ant. ed Euf.)

Enob. Sì, è verosimile che Cesare, cinto da un esercito vittorioso, voglia rinunziare ai suoi vantaggi e alla sua felicità, per far di sè mostra contro un duellante! — Vedo bene che i giudizi degli uomini si risentono della loro fortuna e che gli avvenimenti operano nelle loro anime quelle rivoluzioni stesse che si compiono nelle loro condizioni. Che egli, che ha senso ed esperienza, si pasca della folle lusinga che Cesare, in seno alla prosperità, voglia avventurarsi contro la sua miseria e la sua disperazione, è cosa che dice abbastanza come sia rimasto vinto anche il suo senno.     (entra uno del seguito)

Seg. Un ambasciatore di Cesare.

Cleop. Come! con tanto poco rispetto..... Voi vedete, mie donne, in qual guisa si disprezzi fiorita quella rosa il cui bottone si fiutava genuflessi. — Fatelo entrare.

Enob. (a parte) Il mio onore e i miei scrupoli cominciano a venire a composizione. La lealtà troppo spinta, che persiste nel servire un insensato, cangia alfine la fedeltà in follia. — Nondimeno quegli che ha la costanza di seguire il signor suo caduto nell’infortunio, è vincitore del vincitor del suo signore, e ottiene un loco nella storia.      (entra Tireo)

Cleop. Che vuole Cesare?

Tir. Uditelo in disparte.

Cleop. Qui non sono che miei amici; parlate ad alta voce.

Tir. Ma forse sono anche amici di Antonio.

Enob. Egli avrebbe bisogno d’aver tanti amici quanti ne ha Cesare, senza di che gli siamo interamente inutili. Se piacesse a Cesare, Antonio volerebbe incontro alla sua amistà: e noi saremmo pronti a divenire i clienti del suo amico, vo’ dire di Cesare.

Tir. Orsù, parlerò. — Illustre regina, Cesare vi esorta a non fermar tanto i vostri pensieri sulla vostra condizione attuale, e a ricordarvi ch’egli è Cesare.

Cleop. Prosegui; è operar regalmente.

Tir. Ei sa che restate unita ad Antonio meno per amore che per tema.