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Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, I-II.djvu/730

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atto quarto 343


Ant. Vorrei che combattessero nel fuoco o nell’aria; ivi ancora li attaccheremmo. Ma odi il più importante. La nostra infanteria andrà sotto i nostri occhi su quella catena di colli che circonda la città. Gli ordini son dati in mare. Il navilio è escito dal porto, ed è schierato in luogo dove potremo facilmente vederlo ed osservarne i movimenti.

(escono; entra Cesare coll’esercito in marcia)

Ces. A meno che non siamo investiti, non faremo alcun movimento in terra: e secondo le mie congetture non lo saremo, perchè le sue migliori truppe sono impiegate sopra le navi. Entriamo nella valle e usiamo d’ogni nostro vantaggio.

(escono; rientrano Antonio e Scaro)

Ant. Non son giunti ancora; andrò sulla cima dove sorgono quei pini. Di là potrò tutto vedere, e fra un momento tornerò per dirti quale potrà essere l’esito della battaglia.     (esce)

Scar. Le rondini hanno intrecciato i loro nidi nelle vele di Cleopatra; gli Auguri dicono che non sanno..., che non possono dire. — Hanno l’aspetto costernato e non osano rivelare quello che pensano. Antonio è prode, ma sfiduciato; ei sente che la sua fortuna vacilla: la speranza e il timore lo agitano volta a volta, e la sua anima è tormentata da quei contrarii accessi.

(allarme lontano procedente dal combattimento marittimo; rientra Antonio)

Ant. Tutto è perduto! L’empia Egiziana mi ha tradito! la mia flotta s’è arresa al nemico, ho veduto i miei soldati gettare i loro elmi per aria e bere con quei di Cesare, come amici che trovati si fossero dopo aver disperato di rivedersi. Oh donna tre volte infida! sei tu che mi hai venduto a quel garzone, e con te sola oramai il mio cuore è in guerra. Ebbene, di’ a tutti di fuggire: perocchè quando mi sarò vendicato della furia, i cui vezzi infernali m’aveano ridotto a questi estremi, tutto sarà finito per me; compiti avrò i miei destini. Sì, di’ loro di fuggire, esci. — (Scaro esce) Oh Sole! io più non ti vedrò alzarti sull’orizzonte. Antonio e la fortuna si separano qui per sempre; qui si dànno l’addio dell’eternità. — A tal esito dunque dovea tutto riescire! Quei cuori, che non pareano battere che per me, e di cui io colmava tutti i desiderii, si prostituiscono ora alla nascente fortuna del giovine Ottavio, e chi li proteggeva con tutta la propria ombra fuggono quasi pino che il fulmine ha percosso? Sono tradito! Oh perfida Egiziana! Quella divina incantatrice, che con uno sguardo armava o disarmava il mio braccio, il di cui seno m’era trono di gloria e premio d’ogni fatica, come una sleale zingana mi ha