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atto quinto 85


SCENA III.
Dunsinane. — Una Camera del Castello.
Entra Macbeth, il Medico e seguito di Cortigiani.

Macbeth. (ad alcuni messaggieri) Non vo’ più novelle di coloro, e fuggano anche tutti, se loro è a grado. Sinchè la foresta di Birnam non s’avanzerà su Dunsinane, non ho nulla a temere. Chi è questo Malcolm se non un fanciullo? Nol partorì forse una femmina? Gli spiriti aerei che presentono ogni sventura, dissero: Macbeth, non temere nulla d’uomo partorito di femmina. — Fuggite dunque a vostra posta, perfidi Thani, e aggiungetevi alle schiere dell’imbelle Inghilterra. L’anima che informa queste membra, e il cuore che mi batte in petto non ondeggieranno mai per irresoluzione o timore (entra un Paggio spaventato). — I demoni ti portino con quel tuo viso da stolto. Donde tanto terrore?

Paggio. Milord, hannovi diecimila...

Macbeth. Vili come te, scellerato.

Paggio. No, guerrieri, signore...

Macbeth. Vanne, e rivesti sembianze più umane, e dissipa quel nefando pallore che ti ricuopre. Quai guerrieri di’ tu, miserabile? di quai guerrieri hai tu inteso favellare?

Paggio. Di un esercito inglese, milord, che si avanza spaventoso.

Macbeth. Togliti dal mio cospetto... levami dagli occhi quell’allibito volto. — Seyton (richiamandolo)... mi sento il cuore dolente... Seyton... questo assalto deve affrancarmi o perdermi per sempre. — Vissi abbastanza... la mia vita al suo tramonto è già appassita, come la gialla foglia cui sfronda l’autunno; e quanto a ciò che accompagnar dovrebbe la vecchiaia, amore, obbedienza, considerazione, rispetto, io non ho più alcun dritto a pretendervi; invece insurrezioni, sommosse, maledizioni profonde e insopportabili corteggieranno alla tomba il decrepito re! Oh Seyton!... Seyton!...

Paggio. Milord!

Macbeth. Quali novelle recavi?

Paggio. Vi confermava quelle che sonovi state annunziate.

Macbeth. Ebbene, combatterò finchè le mie ossa scarnate rimangano nudo scheletro, pel più orrendo trofeo. — Porgimi le armi.