Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, III-IV.djvu/130

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atto secondo 119

confessare che creduto vi avrei più cortese. Oh! può esser dunque vero che una donna reietta da un uomo sia anche così crudelmente schernita da un altro?     (esce)

Lis. Ella non vede Ermia. Ermia, tu continua a dormire e non venir mai più vicino a Lisandro! perocchè, come l’eccesso delle vivande più delicate reca allo stomaco un invincibile affanno; come le eresie che l’uomo abiura son le più abborrite da coloro che han lungo tempo ingannato, del pari tu, oggetto della mia sazietà e del mio pernicioso errore, odiata sii da tutti, e più che da ogni altro da me! Voi, potenze della mia anima, addirizzate tutta l’energia, la tenerezza e l’amore che possedete ad Elena, perocchè io voglio divenire il suo fedel cavaliere!     (esce)

Er. (trasalendo) Aiutami, Lisandro; vieni in mio soccorso! Strappami questo serpe che striscia sul mio seno. Oimè! accorri, accorri, abbi pietà di me! — Qual sogno fu questo? Lisandro, mira come tremo di spavento! Mi parve che un serpe mi divorasse il cuore, e che tu sorridendo stessi a riguardarlo. — Lisandro! Oh! è egli partito? Lisandro! dolce amante! Ei più non mi intende; è partito: non una sua parola più ascolto! Oimè! dove sei? Parla, se mi odi. Parla, in nome di tutti gli amori! io per tema quasi svengo. Alcun non v’è? Ah! tu non mi sei più presso, e conviene ch’io trovi tosto o te, o la morte.

(esce)