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172 | tito andronico |
abbandonati i sacri suoi boschi per venire a godere in questa foresta dello spettacolo della caccia?
Tam. Insolente delatore dei nostri segreti diporti, se il potere avessi che si attribuisce a Diana, la tua fronte sarebbe tosto ornata da quegli istrumenti che escirono dalla testa d’Atteone, e i cani darebbero la caccia alle tue membra trasformate. Così io ben ti punirei della tua audacia.
Lav. Con vostra licenza, gentile imperatrice, voi siete riputata tanto liberale dei vostri doni, che ben si potrebbe sospettare che foste venuta in luogo appartato per dare novelli saggi di voi. Giove preservi oggi il vostro consorte dai latrati delle mute! Sventura sarebbe ch’esse lo scambiassero in un cervo.
Bas. Credetemi, regina, il vostro nero Cimmerio tinge il vostro onore col suo colore impuro e abbominevole. Perchè vi siete voi così allontanata da tutto il vostro seguito e discesa siete dal vostro bel corridore bianco come la neve, onde errare per questi deserti con disegni occulti, accompagnata da un barbaro moro, se condotta non vi siete stata da impuri desiderii?
Lav. E veggendo interrotti i vostri sollazzi, giusto è bene che diate al mio nobile sposo nota d’insolenza. — Or ve ne prego (a Bas.), lasciamo questi luoghi e facciamo ch’ella goder possa a suo senno del suo negro corvo; questa valle si addice a meraviglia ai suoi desiderii.
Bas. L’imperatore mio fratello sarà istrutto di ciò.
Lav. Sì, perchè tali ignominie l’han disonorato anche troppo. Quel buon imperatore è indegnamente ingannato.
Tam. Come ho io pazienza per sopportar tanto?
(entrano Chirone e Demetrio)
Dem. Ebbene, cara sovrana, amata madre; perchè siete sì pallida e concitata?
Tam. Non ne ho io donde? Questi due nemici mi hanno attirata in questo luogo orribile e deserto, dove gli alberi anche in estate sono sfrondati e pieni d’insetti malefici, dove mai il sole non penetra per dissiparvi l’orrore, dove nulla è di vivo tranne il notturno gufo e il funesto corvo; e mostrandomi questo orribile abisso mi han detto che qui, durante la notte profonda, mille spettri nemici, mille serpi fischianti, mille rospi velenosi ed altrettanti rettili tremendi fanno uno strepito di discordi voci che getterebbero nel delirio, o colpirebbero di subita morte ogni mortale che gli udisse. Dopo avermi atterrita con tal racconto, minacciata mi hanno di attaccarmi al tronco di un albero, e di abbandonarmi alla più crudel morte; e quindi appellandomi