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188 tito andronico


ATTO QUARTO



SCENA I.

La stessa. — Dinanzi alla casa di Tito.

Entrano Tito e Marco; quindi il fanciullo Lucio e Lavinia che gli corre dietro.

Il fanciullo. Aiuto, uomo, aiuto! la mia zia Lavinia mi segue dapertutto, e non so perchè. Buon parente Marco, mirate come ella mi vien dietro! Oimè! cara zia, io non so quello che vogliate.

Mar. Sta vicino a me, Lucio; e non temere di tua zia.

Tit. Ella ti ama troppo, fanciullo, per poter farti alcun male.

Il fanciullo. Sì, quando mio padre era in Roma, essa m’amava.

Mar. Che vuol dir mia nipote Lavinia con quei cenni?

Tit. Non temere di lei, Lucio; ella vuol significarmi qualche cosa. — Vedi, Lucio, vedi come ti invita ad andare in qualche luogo con lei. Oh! fanciullo, non mai Cornelia si mostrò più assidua nel ripetere ai suoi figli amabili poesie, com’essa lo fu nell’intrattenerti con dolci letture. Non puoi tu indovinare perchè ella ti solleciti con tanto ardore?

Il fanciullo. Signore, nol so, nè posso indovinarlo, a meno che non sia qualche accesso di demenza che l’agiti; perocchè ho spesso udito dire al mio avolo che il troppo dolore rende insensato, ed ho letto che Ecuba da Troia divenne pazza per angoscia. È ciò che mi ha atterrito, sebbene sappia che la mia nobile zia mi ama teneramente al pari d’ogni madre, e che ella non vorrebbe spaventare la mia fanciullezza, a meno che non fosse in delirio. È per tale sospetto che ho gettato i miei libri e son fuggito forse senza ragione: ma perdonatemi, cara zia, e se il buon Marco vuol venirne con noi, io vi accompagnerò dove vorrete.

Mar. Così farò, Lucio.     (Lavinia svolge coi piedi i libri che Lucio ha lasciato cadere)

Tit. Che accenna ciò, Lavinia? Marco, che vuol ella dire? Ella chiede di vedere un libro: ma quale sarà? Aprili, fanciullo. — Tu però sei più istruita, mia figlia, e puoi scegliere meglio nella mia biblioteca: vieni e inganna il tuo dolore, fino a che il Cielo abbia rivelato l’iniquo autore di questa atrocità. — Perchè alza ella così le braccia l’un dopo l’altro?