Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, III-IV.djvu/20

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atto primo 9

tutti i doni. Vi amo come figlio può amare, o come padre può credere d’essere amato. Vi amo infine d’un amore, innanzi a cui vien meno ogni effusione della voce.

Cord. (a parte) Che direbbe di più Cordelia? Amerà dunque, e tacerà.

Lear. (mostrando la carta geografica del suo regno) Di tutto quello spazio che serrano queste due linee, di quelle folte foreste e di tutti i vassalli che le abitano, di quei fiumi che recano l’abbondanza in quelle vaste praterie, ti facciamo regina. Sian questi i beni tuoi, e il perpetuo retaggio che andrà ai figli che nasceranno da te e dai duca d’Albanìa. — Che risponde la nostra seconda figliuola, la nostra cara Regana, la donna del Cornovaglia? Favella.

Reg. Formata sono con quegli elementi stessi che compongono mia sorella, e nella sincerità del mio cuore sento ch’ella ha definito bensì con verità l’amore che per voi provo, ma che troppo lo ha ristretto: perocchè io mi dichiaro nemica d’ogni piacere che può dar la vista, l’udito, il gusto, l’odorato, i sensi più preziosi; e affermo non esservi felicità che in un sentimento solo, in quello affettuoso che mi lega a Vostra Altezza.

Cord. (a parte) Oh! che potrai dire, povera Cordelia? Povera? no, perchè son certa che il mio cuore sente più amore, che la mia lingua non sa vantarne.

Lear. A te e alla tua posterità sia in dote perpetua questa vasta parte del nostro bel regno, che non cede in estensione, in valore, in amenità, a quella di cui ho fatto dono a Gonerilla. — Ora, mia terza figlia, tu, che provar facesti a tuo padre gli ultimi impeti della gioia, ma non i meno teneri; tu, cui i vigneti di Francia e il nettare di Borgogna a gara ricercano, e al conquisto intendono de’ tuoi giovani amori, che risponder potrai tu, per ottenere una terza dote più ricca ancora di quella delle tue sorelle? Parla.

Cord. Nulla, milord.

Lear. Nulla?

Cord. Nulla.

Lear. Nulla non può venir che da nulla; parla di nuovo.

Cord. Sfortunata ch’io sono, sollevar non potendo il mio cuore fino alle mie labbra! Amo Vostra Maestà come debbo, nè più nè meno.

Lear. Oh! che di’ tu, Cordelia? ammenda le tue parole, onde non travolgano la tua fortuna.

Cord. Mio buon padre, voi m’avete data la vita, m’avete nu-