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202 tito andronico

contemplazione di tua madre». Ciò udito, io sguainai la spada, e mi avventai su questo moro che sorpresi all’improvviso, e che qui vi conduco: comandate intorno a lui quello che giudicherete dicevole.

Luc. Oh prode soldato! Questi è il demone infernale che privò il buon Andronico della sua mano gloriosa; questi è il gioiello, delizia della nostra imperatrice, e questo il vil frutto de’ suoi lascivi amori. — Rispondi, schiavo dall’occhio bianco, dove volevi tu portare quest’effigie del tuo viso d’abisso? Perchè non parli? Assordasti forse? Non pure una parola? Recate una corda, soldati, e appendetelo a quell’albero; al fianco suo si sospenda ancora l’odioso frutto delle sue libidini.

Aar. Non toccar questo fanciullo; è di sangue reale.

Luc. Troppo rassomiglia al padre per poter divenir mai uomo onesto. Si cominci dall’appiccare il fanciullo, e il padre sia testimonio della sua morte, onde ne abbia il cuor cruciato. Recate una scala. (vien portata una scala che Aaron è costretto ad ascendere)

Aar. Lucio, salva il fanciullo, e mandalo per me all’imperatrice. Se questo fai ti rivelerò importanti segreti, che è del tuo maggior bene il conoscere; se il rifiuti, avvenga che vuole, non parlerò, e la vendetta vi colpisca tutti.

Luc. Continua; e se quello che hai a dirmi mi appaga, il tuo fanciullo vivrà, ed io penserò a farlo educare.

Aar. Se ti appaga? Oh! sii quieto, Lucio, che quello ch’io ti dirò comporrà il tormento della tua anima, perocchè io dovrò intrattenerti d’omicidii, di stupri e di macelli, atti orridi compiuti fra le ombre della notte, abbominevoli opere di scelleratezza e di tradimento, il cui racconto ti farà rabbrividire, e che nondimeno eseguite furono per motivi di amore. Ma tali segreti tutti andran seppelliti nel mio sepolcro se tu non giuri che il mio fanciullo vivrà.

Luc. Aprimi il tuo pensiero, e ti dico questo che brami.

Aar. Giuralo, e comincierò.

Luc. Per chi giurerò io? Tu non credi negli Dei, e come crederai ad un giuramento?

Aar. Che vale s’io non credo, come vero è che non credo: io ben so che tu sei pio, e che senti in te una voce interna che chiami coscienza, e che hai mille altre follie alle quali aderisci. Richieggo quindi il tuo giuramento; perocchè m’è noto che lo stolto si crea un Dio in un balocco da lattante, e osserva quello che ad un tal Nume ha giurato. Un tale giuramento io voglio da