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332 timone di atene


Tim. Dovrai tu compiere la parte di ribaldo nella tua opera? vorrai tu sferzare i tuoi propri vizi in altrui? Fallo, ho oro per te.

Poet. Ma cerchiamolo: peccheremo contro la nostra fortuna se ci lasciamo sfuggir l’occasione di arricchire, indugiando a raggiungerlo.

Pitt. Ben dite; finchè fa giorno, e la luce ci offre i suoi doni, approfittiamone per trovar l’oro che ci manca. — Venite.

Tim. Fra poco vi incontrerò. — Qual Dio è dunque quest’ora per essere adorato in templi più vili e più abbietti di quelli in cui si alimentano i più sozzi animali? Sei tu che appresti i navigli da cui il mare spumante è solcato; tu che fai rispettato e blandito il più vile schiavo. Sii dunque adorato dai mortali, o vile metallo, e gli uomini devoti al tuo culto ne siano ricompensati con tutti i flagelli! — È tempo che gl’incontri. (avanzandosi)

Poet. Salute, degno Timone!

Pitt. Nostro antico e nobile signore.

Tim. Avrei io abbastanza vissuto per vedere alfine due uomini onesti?

Poet. Signore, noi che abbiamo così spesso partecipato alle vostre generosità, avendo saputo la vostra partenza, e la diserzione de’ vostri amici... Oh spiriti detestabili! Il Cielo non ha sufficienti castighi per punire quelle anime ingrate! Che! Verso di voi? Verso di voi, la cui magnificenza, come l’astro del cielo, compartiva la vita in tutti loro? Mi sento fuor di me; non posseggo espressioni abbastanza forti, abbastanza ardenti per rivestire de’ suoi veri colori una tanta ingratitudine.

Tim. Lasciala a nudo; essa non sarà che più visibile agli occhi degli uomini. — Per voi, che siete onesti, il contrasto della vostra probità serve a fare spiccare vieppiù la loro infamia.

Pitt. Noi passammo entrambi la vita sotto la celeste rugiada dei vostri beneficii, ed essa penetrò i nostri cuori col dolce sentimento della riconoscenza.

Tim. Oh! voi siete onesti.

Pitt. Venimmo qui per offrirvi i nostri servigi.

Tim. Anime egregie, come riconoscerò io il vostro attaccamento? Potreste mangiar radici, e ber acqua? No.

Poet. Tutto ciò che potrem fare lo faremo per voi.

Tim. Siete valentuomini: avete saputo che possedevo oro, mi è noto; confessatelo, se siete onesti.

Pitt. Questo si dice, nobile Timone, ma non fu tale il motivo che condusse me e il mio amico.

Tim. Uomo dabbene, non v’è alcuno in Atene che possa fare