Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, III-IV.djvu/433

Da Wikisource.
74 vita e morte del re riccardo ii

sono alteri e violenti; e nella loro rabbia, sordi come il mare, rapidi come il fuoco.      (rientra il seguito con Bolingbroke e Norfolk)

Boling. Possano molti anni pieni di giorni felici allietare la vita del mio amato sovrano!

Norf. Possa ogni giorno accrescere la beatitudine del giorno che lo precede, fino a che il Cielo, invidiando alla terra i suoi fortunati destini, aggiunga alla vostra corona un titolo immortale!

Ricc. Vi ringraziamo entrambi: nullameno v’ha uno di voi che ne adula, ed io l’argomento dal motivo che qui vi conduce. Non vi accusate voi l’un l’altro di alto tradimento? Cugino di Hereford, che rimproveri tu al duca di Norfolk, Tommaso Mowbray?

Boling. Anzi tutto trascriva il Cielo nel suo libro eterno quello che sto per dire: avvegnachè sia per uno zelo di fido suddito, per un tenero amore che ho pel mio principe e per la sicurezza de’ preziosi suoi dì, che con cuore scevro d’ogni odio iniquo io qui compio la parte di accusatore. — Tommaso Mowbray, io mi rivolgo a te, e vuo’ sii accorto sul saluto che t’indirizzo: perocchè di quel ch’io dirò il mio corpo risponderà su questa terra, la mia anima in Cielo. — Tu sei un traditore e uno spergiuro. — Eri troppo ben nato per precipitare così, e sei divenuto troppo malvagio per vivere. Più il cristallo del firmamento è terso, e vie più le nubi che l’ingombrano sembrano nere e deformi. Una volta ancora, e ti sia eterna la nota, io qui ti chiudo la bocca col nome di traditore empio; e fo voto, se così piace al mio buon re, di non escire da questo luogo, prima che la mia spada, snudata per la giustizia, non abbia provato quello che la mia bocca afferma.

Norf. La moderanza delle mie parole non faccia sospettare del mio coraggio. Non è una guerra di femmine, nè son gli aeri clamori di due lingue sdegnate che possono definire questa contestazione. Il sangue che debbe compierla ribolle nelle nostre vene. Nondimeno non posso gloriarmi di pazienza tanto inconcussa da restar sempre placido e nulla rispondere a così gravi ingiurie: sebbene il rispetto che m’ispira Vostra Altezza incateni la mia lingua, e m’impedisca di formulare senza ritegno una libera risposta. Ove privo di tal risguardo, la mia lingua, rotto il freno, non si arresterebbe che quando gli avesse fatto rientrare nella bocca i nomi di tradimento e di traditore. Obbliando però il regio sangue da cui discende e l’affinità ch’egli ha col mio sovrano, io lo sfido e gli fo onta in faccia. Io lo chiamo qui