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Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, III-IV.djvu/443

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84 vita e morte del re riccardo ii


Norf. No, Bolingbroke: se mai io fui traditore, il mio nome sia cancellato dal libro della vita, ed io esiliato dal celeste soggiorno, come lo sono da questi luoghi. — Ma quel che tu sei, Dio, tu ed io lo sappiamo: e ben temo che il re non abbia in breve a pentirsi. — Addio, mio sovrano: ora più non posso smarrire la mia via: perocchè, eccetto quella che conduce in Inghilterra, l’universo mi sta dinanzi. (esce)

Ricc. Zio, leggo nei tuoi occhi il dolore del tuo cuore: (a Gaunt) la tristezza dipinta sul tuo viso ha diminuito quattr’anni al di lui esilio. — Dopo che i ghiacci di sei inverni si saranno disfatti, ritorna dal tuo bando (a Boling.) e sarai qui il ben accetto.

Boling. Qual lunghezza di tempo si racchiude in una sola parola! Quattro mortali inverni, e quattro primavere voluttuose scompaiono con un detto; tale è la potenza dei re.

Gaunt. Ringrazio il mio sovrano, che per mia deferenza volle abbreviare di quattr’anni l’esilio di mio figlio; ma non approfitterò di tale grazia: perocchè prima che i sei anni ch’ei deve passare esulando, abbiamo mutate le loro lune e descritto il loro corso, la vecchiezza mi avrà ucciso. Del fanale della mia vita che il tempo ha logorato, che mi riman’egli fuorchè un debole bagliore che già già si estingue? Prima ch’ei ritorni, la morte mi avrà precipitato nell’eterna notte, e i miei occhi chiusi per sempre non rivedranno più il figlio mio.

Ricc. Perchè, zio? Tu hai molti anni da vivere.

Gaunt. Ma non un minuto, o re che tu possa darmi. Tu puoi abbreviare i miei giorni e le mie notti coll’omicida dolore, ma non accrescermi un dimani: tu puoi sovvenir gli anni e la vecchiezza nel solcar rughe sulla mia fronte, ma non una cancellarne: la tua parola coopera col tempo per affrettare la mia morte, e morto una volta, il prezzo del tuo regno non potrà vendicarmi in vita.

Ricc. Tuo figlio è bandito in forza di matura deliberazione, a cui la tua voce stessa die’ il suo suffragio. Perchè dunque ti adoperi ora a censurare la nostra giustizia?

Gaunt. Sonovi cose che, dolci al palato, riescono aspre allo stomaco. Voi mi sollecitaste come giudice, sebbene avessi amato assai più che mi si fosse comandato di parlare come padre. Ah! se invece di mio figlio avessi dovuto giudicare uno straniero, sarei stato più indulgente per iscusarne le colpe. — Io vi guardava tutti; sperava che alcuno dicesse che ero troppo severo in bandir così mio figlio: ma voi permetteste alla mia lingua balbettante di fare al mio cuore quella cruda piaga. Cercai di tutelarmi