Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, III-IV.djvu/517

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158 enrico iv — atto primo


Nort. Di York, volete dire?

Worc. Sì, di lui che sopporta con pena la morte che suo fratello lord Scroop patì a Bristol. Non parlo qui per congetture; non dico quel che io credo che potesse essere, ma bensì ciò che so che è di già concepito e volto in disegno, e a cui non occorre che un’occasione perchè vada in effetto.

Hot. Intendo; e sulla mia vita, ciò riescirà.

Worc. Prima che la caccia sia al bosco, voi avventate già le mute.

Hot. È impossibile che questo disegno non sia eccellente. Gli eserciti quindi di Scozia e di York si uniranno a Mortimero?

Worc. Così accadrà.

Hot. In fede, è maravigliosamente imaginato.

Worc. Nè lieve è il motivo che ci spinge a venirne all’esecuzione. Si vuole salvare le nostre teste, ponendole sotto la custodia di schiere amiche. Imperocchè quand’anche ci comportassimo con tutta la prudenza possibile, il re si crederà sempre nostro debitore; crederà che ci reputiamo mal ricompensati, fino a che ei non abbia trovato modo di saldare il suo debito colla nostra vita; e voi vedete già come cominci ad allontanarci e a toglierci tutti i favori della sua amicizia.

Hot. È vero, è vero; ci vendicheremo di lui.

Worc. Cugino, addio. — Non mostrate in quest’opera più di quello che le mie lettere vi additeranno; esse sole vi accenneranno la vostra strada. Allorchè l’occasione sarà matura, e lo sarà fra poco, io andrò segretamente da Glendower e da Mortimero; mentre voi con Douglas e i nostri eserciti vi troverete, per le mie previdenze, felicemente riuniti, talchè terremo incatenate nelle nostre vigorose braccia le nostre fortune, che sorvolano ora incostanti sopra le nostre teste.

Nort. Addio, buon fratello: vinceremo, ne ho fiducia.

Hot. Addio, zio. — Oh, scorrano brevi le ore, finchè giunga ristante in cui gemiti e grida faccian eco ai nostri sollazzi.

(escono)