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290 ENRICO IV

low, eleggi l’uffizio che vuoi in queste terre, e diverrà tuo. Pistol, vuo’ sopracaricarti di dignità.

Bard. Oh lieto giorno! Non darei la mia fortuna per un marchesato.

Pist. Ebbene, non recai io liete novelle?

Fal. Recate messer Silenzio nel suo letto. — Messer Shallow, milord Shallow, sii quello che vuoi, io sono il paraninfo della fortuna. Prendi i tuoi stivali; cavalcheremo tutta la notte. Oh amibile Pistol! via, via, Bardolfo. (Bardolfo esce) Vieni, Pistol, dimmi qualch’altra cosa; e imagina quel che desideri. — Calzatevi, calzatevi, messer Shallow: son sicuro che il giovine re arde dal desiderio di vedermi. Prendiamo i cavalli del primo venuto; le leggi d’Inghilterra mi sono ora soggette. Felici coloro che mi furono amici; e sventura a milord, capo della giustizia!

Pist. Tremino i vili che fin qui mi schernirono, e misericordia non risplenda per loro. Onore, onore a questo fausto dì.

(escono)


SCENA IV.

Londra. — Una strada.

Entrano alcuni valletti trascinando l’Ostessa Quickly e Doll-Tear-Sheet.

Ost. No, furfante; vorrei morire per vederti appiccato: mi hai slogata una spalla.

Vall. I contestabili l’han data in mia balìa; ed ella dev’essere frustata. Un uomo o due furono uccisi a cagione di lei.

Doll. Frasche, frasche, mentite. Vieni; io ti dico che sei un dannato malandrino; e il garzone con cui ero non fallò quando sostenne che meno dannoso ti sarebbe stato il battere tua madre che costei.

Ost. Oh, signore, se sir Giovanni fosse venuto, ei farebbe di questo dì, un di di sangue. Ma prego Iddio che ciò non accada!

Vall. Se accade, avrete dodici colpi di più; undici ve ne toccano soltanto adesso. Venite, v’impongo a entrambe di venir con me; quell’uomo, che voi e Pistol tiraste in rete, è morto.

Doll. Io ti dico che tu sei un fiore di ribaldo! Perciò sarete frustato finchè diveniate rosso come una ciliegia! Se non sarete frustato, iniquo, vuo’ rinunziare alla fede.