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348 IL RE ENRICO V

valli, a cui penzola il ventre, lasciano cadere le teste affralite; spalancano a metà occhi pallidi e spenti; sordi sembrano al moto delle redini e alle roche grida dei corvi loro eredi che svolazzano al disopra dei loro capi, chiedendo la preda. Le parole mancano per descrivere con evidenza il morto quadro che presenta quel misero esercito.

Con. Essi hanno recitate le loro ultime preci, e non aspettano più che la morte.

Del. Volete che mandiam loro un po’ di cibo, abiti e foraggi, e che poscia li combattiamo?

Con. Sarebbe troppa pietà; andiamo al campo: userò per mia asta la bandiera di un trombetto. Venite, venite: il sole è già alto e sperdiamo inutilmente il dì. (escono)

SCENA III.

Il campo inglese.

Entra l’esercito inglese; Glocester, Bedford, Exeter, Salisbury e Westmoreland.

Gloc. Dov’è il re?

Bed. È salito a cavallo per andare a riconoscere l’esercito francese.

West. Sessantamila combattenti ci stan contro.

Ex. Cinque contr’uno; e oltreciò alacri e freschi.

Sal. Il braccio di Dio combatta con noi! Ardua è la partita! Dio sia con noi, principi! Io vado al mio posto: se rivederci pù non dobbiamo fuorchè in Cielo, saliamovi gai, e... mio nobile lord di Bedford... mio caro Glocester... mio buon Exeter... parente mio affettuoso. Ai guerrieri tutti, addio!

Bed. Addio, prode Salisbury; la fortuna ti accompagni!

Ex. Addio, gentil signore; combatti valorosamente: ma ti fo oltraggio a consigliartelo, perocchè tu sei formato coi più puri elementi del coraggio. (esce Sal.)

Bed. Pieno egli è di ardire, come di gentilezza; regio è il tuo cuore.

West. Oh, avessimo qui soltanto diecimila di coloro che si riposano oggi in Inghilterra dalle fatiche della settimana!

(entra Enrico)

Enr. Chi è che fa tal voto? Voi, cugino Westmoreland? No, mio cugino: se dobbiamo morire, bastante è il nostro numero, e la nostra patria perde abbastanza perdendoci: se vivere, quanto minore sarà il nostro numero, tanto maggiore fia la gloria che