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138 IL RE ENRICO VI


Cade. Ad offenderti? Sì, pel miglior sangue che mai fosse versato! e ad ucciderti ancora. Guardami bene: son cinque dì ch’io non mi cibo; nondimeno avanzati co’ tuoi cinque uomini, e s’io non vi lascio tutti immobili come pietre, prego Dio che non mi faccia mangiar mai più.

Iden. No, non sarà detto, finchè l’Inghilterra esisterà, che Alessandro Iden, scudiere di Kent, abbia con vantaggio di numero combattuto un uomo sfinito dalla fame. Affronta coi tuoi occhi feroci i miei; vedi se puoi farmi impallidire coi tuoi sguardi. Sebben grande e robusto, paragona le tue membra alle mie, e giudica se non sei il più debole. Il tuo pugno si perderebbe entro la mia mano; la tua gamba non è che un fuscello accanto alla mia; il mio piede basterebbe a stiacciarti, e se il mio braccio s’innalza, scavata è già la tua fossa. Lasciam le vane parole e misura la mia spada; ella sola ti dirà il resto.

Cade. Pel mio valore, tu sei il più fermo campione di cui mai udissi parlare! Oh ferro mio! se pieghi e non tagli in brani quell’immenso gigante, desidero che, disonorato, tu più ad altro non valga che a comporre il ferro d’un cavallo. (combattono e Cade è vinto) Son morto! È la fame e non un uomo che mi ha ucciso. Invia mille demoni contro di me; purchè tu mi dia solo la sussistenza di cinque giorni che ho perduta, li sfido tutti. Isterilisci, giardino; divieni una caverna mortuaria per tutti gli abitanti di questa casa, poichè qui Cade ha spirata la sua anima indomita.

Iden. Fu dunque Cade che trafissi? Quel mostro di tradimenti? Oh mia spada! vo’ consacrarti per questa nobile opera, e farti appendere sulla mia tomba, allorchè più non vivrò. Non mai questo sangue verrà deterso da te: tu lo serberai come stemma.glorioso, emblema dell’onore che il signor tuo ha conquistato.

Cade. Iden, addio; e sii superbo della tua vittoria! Di’ a Kent ch’esso ha perduto il suo miglior soldato, ed esortali tutti alla codardia; perchè io che non temei mai d’alcuno mi veggo vinto dalla fame e non dal valore. (muore)

Iden. Tu mi fai ingiuria, il Cielo me ne è testimonio. Muori, miserabile, obbrobrio di quella che ti generò. Com’io trapasso qui il tuo corpo con questa spada, così desidero che la tua anima venga trapassata in inferno. Vo’ trascinarti per le calcagna nel fango in cui avrai tomba, ed ivi tagliarti l’odiosa testa che porterò in trionfo al re, lasciando il tronco per pasto ai corvi.

(esce trascinando il corpo)