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316 IL RE ENRICO VIII

che uno; il più sagace conoscitore ridotto al silenzio non avrebbe osato dare ad alcuno la preferenza. Dacchè quei due soli (perocchè è così che vengono appellati) ebbero fatto aprire dai loro araldi la via dei tornei ai cuori amanti della gloria, avvennero prodigi che soverchiano tutti gli sforzi del pensiero, talchè quella storia: favolosa, che i secoli passati tramandarono del Sassone Bevis, parve allora possibile, e fu da molti creduta.

Buck. Oh! voi andate troppo lungi.

Nor. No, come è vero che mi è caro l’onore, e che fo professione d’essere schietto e leale. Il più abile oratore che fosse stata testimonio di quella festa non potrebbe descriverla. Essa perderebbe nel suo racconto il colore e la vita che l’animava. Tutto vi era regale. Niuna confusione, niun disordine ne turbò l’armonia; la calma regnava dapertutto, e faceva vedere ogni oggetto nel suo vero punto di luce: tutte le parti furono ammirabilmente distribuite, e perfettamente compiute.

Buck. Sapreste dirmi chi ordinò quella bella festa?

Nor. Un uomo che non è certo novizio di tali cose.

Buck. Chi dunque, ve ne prego, milord?

Nor. Tutto fu apparecchiato dal reverendo cardinale di York.

Buck. Il demonio se lo porti! Non v’è opera in cui egli non insinui le sue dita ambiziose. Che ha egli a fare in queste mondane vanità? Stupisco che il suo adipe materiale sia giunto a intercettare i raggi del sole benefico, e a privarne la terra.

Nor. Nondimeno, milord, il cardinale ha in sè quanto occorre per attender bene alle bisogne del suo ufficio. Non è sopra gli avoli ch’ei s’appoggia per innalzarsi, il di cui nome apre il cammino delle grandezze ai discendenti: non si narrano di lui grandi servigi! resi alla corona; ei non è alleato ai nostri potenti del regno; no; ma come l’insetto che fila sui nostri muri, e trae dal suo seno la tela che ordisce, egli ne mostra che ci avanza e che non s’innalza che col merito suo. É un dono particolare del Cielo che gli ha fruttato la prima carica presso il re.

Aber. Non so quali doni il Cielo ha potuto fargli; lasciò ad occhi meglio penetranti dei miei l’onore d’intravederli; ma quello ch’io posso osservare è che il suo orgoglio balena da tutte le parti, e si mostra in tutta la sua persona. Or da che gli deriva esso, se non dall’inferno? il demonio ne è avaro, o ne è stato troppo prodigo, e l’ha ceduto tutto da gran tempo, talchè il cardinale è stato costretto a ricreare un nuovo inferno entro di sè.

Buck. E perchè in quel colloquio coi Francesi s’è egli assunto, senza neppur consultare il re, di nominar quelli che dovevano