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346 IL RE ENRICO VIII


Enr. Milord cardinale, vi lavo di tal rimprovero, e ve ne assolvo pienamente. Inutile è ammonirvi che avete molti nemici che ignorano il perchè lo siano, ma che come i mastini del villaggio latrano contro la vostra fama perchè odono i clamori dei loro simili: sarà qualcuno di essi che avrà incitata la regina contro di voi. Eccovi scolpato: ma volete più ampia giustificazione? Dirò che avete sempre desiderato che si obbliasse questo negozio; che non avete mai cercato occasione per metterlo in campo, e che vi siete opposto sempre a chiunque voleva favellarne. Sull’onor mio, milord cardinale, io vi dichiaro i miei veri sentimenti, e vi mondo di ogni macchia. Ora ciò che mi ha condotto a questo passo l’esporrò alla vostra attenzione. Udite i miei motivi, poscia giudicate. Prima la mia coscienza è stata tocca da scrupolo a certe parole profferite dal vescovo dì Bajona, allora ambasciatore di Francia, che fu mandato qui per trattare un matrimonio fra il duca d’Orleans e la nostra figlia Maria. Accudendo a quell’ufficio, innanzi di venirne ad una decisa risoluzione, egli chiese un indugio onde avvertire il re suo signore che convocasse il suo clero per sapere se la nostra figlia era legittima, essendo essa nata dal nostro maritaggio con quella che fu un tempo sposa di nostro fratello. Tal dubbio mi agitò vivamente e commosse tutta la mia anima. Quell’impressione divenne sì forte e stabile, che una folla di riflessioni nate da essa cominciarono ad investirmi senza più darmi riposo. Prima imaginai ch’io non godevo più i favori del Cielo, che ordinato aveva alla natura che il seno della mia regina, se un fanciullo maschio concepiva, non gl’infondesse maggior vita, che il sepolcro non ne dia a’ morti. Avvegnachè i suoi figli maschi si son spenti nel seno che gli aveva formati, o poco tempo dopo che respirato aveano l’aere di questo mondo. Da ciò argomentai fosse un giudizio dell’Altissimo sopra di me, e che il mio regno, che merita il più degno erede del mondo, non dovesse essere da me arricchito di un sì bel dono. Per natural conseguenza ho librato il pericolo a cui esponevo i miei popoli per questo difetto di miglior prole, e un tal pensiero mi ha fatto soffrire crudelmente. Così la mia coscienza ondeggiante in un mare d’incertezza mi ha spinto a questo riparo, a qui congregarvi, e io volli placarla colla decisione di tutti i venerabili padri e dei savi dottori della Chiesa d’Inghilterra. Questo statuito, io ebbi una prima conferenza segreta con voi, milord di Lincoln, e voi rammenterete da qual peso fossi oppresso allorchè cominciai a tenervene discorso.

Lin. Me ne ricordo assai bene, mio sovrano.