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134 | MOLTO STREPITO PER NULLA |
preudo questa sera congedo da voi. — Quel miserabile sarà confrontato con Margherita, che credo facesse parte dell’iniqua trama, corrotta ella pure dai doni di vostro fratello.
Bor. No, sull’anima mia, ella non vi entrava; ella non sapeva quel che facesse allorchè s’intratteneva con me alla finestra, all’opposto è sempre stata onesta e virtuosa in ogni cosa che ho conosciuta di lei.
Dog. Di più, signore (ciò che non è stato posto in bianco e nero), questo piagnone mi ha chiamato ciuco. Vi prego di sovvenirvene allorchè pronunzierete contro di lui.
Leon. Ti ringrazio delle tue pene, e dei tuoi buoni uffici.
Dog. Vossignoria parla come il più riconoscente e reverendo dei giovani: ringrazio Dio per voi.
Leon. Eccoti per le tue fatiche.
Dog. Dio benedica tal uso.
Leon. Ora ti libero dal tuo prigioniero e ti son grato.
Dog. Vi lascio in compagnia di un insigne mariuolo, che vi prego di ben punire per esempio altrui. Dio conservi Vossignorìa; innalzo voti per Vossignoria, e prego Dio che vi restituisca la salute. Vi do umilmente la libertà di lasciarmi; e se un lieto incontro può desiderarsi. Iddio ve ne astenga. — Vieni, vicino. (esce con Ver. e la guard.)
Leon. A dimani, signori, addio.
Ant. Addio, signori; dimani vi aspetteremo.
D. Fedro. Saremo esatti al ritrovo.
Claud. Questa notte piangerò per Ero. (esce con D. Pedro)
Leon. Venitene voi nosco; vogliamo parlare con Margherita per sapere come ella facesse conoscenza con questo tristissimo uomo. (escono)
SCENA II.
Il giardino di Leonato
Entrano Benedick e Margherita.
Ben. Pregoti, dolce Margherita, cattivati la mia riconoscenza aiutandomi a parlare con Beatrice.
Marg. Scriverete poi un sonetto in lode della mia bellezza?
Ben. Sì, e in istile così alto che niun vivente gli starà sopra; perocchè, per onore del vero, tu ben lo meriti.
Marg. Merito che niun uomo mi stia sopra? Resterò dunque sempre sola?