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156 DUE GENTILUOMINI DI VERONA

di questa sferzata che mi date pel mio amore, essa mi farà più ardito a garrirvi del vostro.

Val. Infine, io l’amo.

Sp. Me ne duole.

Val. La scorsa notte ella mi comandò di scrivere una lettera ad uno che le è caro.

Sp. E voi la scriveste?

Val. Sì.

Sp. Andaste dritto nelle righe?

Val. Feci quanto potei: ma silenzio, eccola. (entra Silvia)

Sp. (a parte) Meravigliosa bambola! Meravigliosa affè! Ei le serve d’interprete.

Val. Amabile donzella, mille saluti.

Sp. (a parte) Datele, datele una buona sera! È meglio d’ogni altro complimento.

Sil. Messer Valentino, ve ne ricambio con due mila.

Sp. (a parte) Egli dovrebbe pagarle i frutti, ed è invece lei.

Val. Come imponeste, ho scritto la lettera al fortunato vostro amico che non avete voluto nominare; avrei avuta molta ripugnanza a farlo, se non riputassi un dovere l’adempiere ai vostri ordini.

Sil. Vi ringrazio, gentil cavaliere: siete un ottimo segretario.

Val. Credetemi, la scrissi con molto dolore; perocchè non sapendo a cui fosse indiritta, le frasi escivano dalla mia penna timide e monche.

Sil. Forse pensate che ciò sìa stato troppo faticoso?

Val. No, signora; se voi lo desiderate, ne scriverò mille e nondimeno...

Sil. Un bel periodo! ho indovinato il resto; e quantunque non lo dica... nondimeno potrei... ma riprendete questa lettera: ve ne ringrazio, e non v’importunerò più per l’avvenire.

Sp. (a parte) Eppur lo vorrete; e chi sa quant’altre volte.

Val. Che volete dire? Non vi piace la lettera?

Sil. Sì, è benissimo scritta: ma poichè la faceste con dispiacere, riprendetela. — Riprendetela dico.

Val. Signora, fu scritta per voi.

Sil. Voi la scriveste a mia inchiesta, ma io non la voglio, ella è per voi: avrei voluto che fosse scritta con maggior sentimento.

Val. Se lo desiderate ne farò un’altra.

Sil. E quando sarà fatta, leggetela per amor mio come addirizzatavi da me: se vi piacerà, bene; se no, ne comporrete una terza.

Val. Se mi piacerà, signora? Che cosa?