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182 I DUE GENTILUOMINI DI VERONA


SCENA II.

Milano, il cortile del palazzo.

Entra Proteo.

Prot. Ho già ingannato Valentino, forza è del pari che io tradisca Turio. Sotto sembianza di parlare in favor suo ho la libertà d’intrattener Silvia del mio amore; ma Silvia ha l’anima troppo bella, troppo sincera, troppo candida per lasciarsi sedurre dai miei detti. Allorchè io le prometto una fedeltà inviolabile, ella mi garrisce per aver tradito il mio amico. Quando le giuro un eterno amore, mi rammenta i giuramenti sacri che aveva fatti a Giulia, che amavo, e che ho violati; nondimeno, ad onta di tutti questi rimproveri, di cui ognuno dovrebbe bastare a pormi fuor di speranza, più ella disprezza il mio amore, e più esso cresce e diviene impetuoso. — Ma ecco Turio, bisogna che andiamo a cantare sotto le finestre della bella, e che al suono de’ più dolci istrumenti le diamo questa notte un concerto armonioso. (entra Turio coi musici)

Tur. Come, sir Proteo? Veniste prima di noi?

Prot. Sì, gentil Turio; perchè sapete che l’amore s’insinua nel cuor delle donne colle sembianze dell’amicizia.

Tur. A meraviglia: ma spero che voi qui non amiate.

Prot. Errate, senza amore non verrei qui.

Tur. E chi amate voi dunque? Silvia?

Prot. Sì, Silvia... ma per voi.

Tur. Ve ne ringrazio. — Ora, signori, accordate gl’istrumenti e suonate da valorosi. (entra l’Oste in distanza, e Giulia in abiti da giovinetto)

Ost. Ebbene, mio garbato ospite, mi pare che voi siate alinconico: che avete, vi prego?

Giul. In verità, albergatore, è perchè non posso essere allegro.

Ost. Or ora lo diverrete: fra poco udirete buona musica e vedrete il gentiluomo di cui cercate.

Giul. Ma l’udrò io parlare?

Ost. Sì, l’udirete.

Giul. Solo il suono della sua voce mi sembrerà melodioso.

(comincia il concerto)

Ost. Udite! Uditel Oitd. È egli fra questi?

Ost. Si: ma silenzio, ascoltiamo.