Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1859, V-VI.djvu/630

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ATTO TERZO


SCENA I.

Troia. — Una stanza nel palazzo di Priamo.

Entrano Pandaro e un Servo.

Pan. Amico, una parola, prego. — Non siete voi del seguito del giovine Paride?

Ser. Sì, lo seguo quand’egli mi va dinanzi.

Pan. Voi dipendete da lui, voglio dire?

Ser. Dipendo dal mio signore.

Pand Servite un nobile gentiluomo; forza è ch’io lo lodi.

Ser’. Gli Dei ne siano benedetti.

Pan Voi mi conoscete, non è vero?

Ser. Un poco; superficialmente.

Pan Conoscetemi di più, amico: sono Pandaro.

Ser. Spero di conoscervi meglio.

Pan Lo bramo.

Ser. Voi siete in istato di grazia. (musica al di dentro)

Pan. Grazia? No; solo in istato d’onore. Ma che musica è cotesta?

Ser. Non la conosco che in parte; è musica divisa in parti.

Pan. Conoscete gli esecutori?

Ser. Quelli li conosco in tutto.

Pan. Per chi suonano?

Ser. Per gli ascoltanti.

Pan. Per piacere di cui?

Ser. Per mio, e di quelli che amano la musica.

Pan. Ma chi gliene comandò, volli dire?

Ser Comandò? Non v’intendo.

Pan. Non ci intendiamo l’uno coll’altro. Io son troppo semplice e tu troppo maligno. A inchiesta di cui si eseguisce quella musica?

Ser. A inchiesta di Paride, mio signore, che vi è presente insieme colla Venere mortale, il puro fiore della bellezza, l’anima invisibile dell’amore...

Pan. Chi, mia nipote Cressida?