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234 TROILO E CRESSIDA


El. Raccomandatemi a vostra nipote.

Pan. Sarete obbedita, dolce regina. (esce; suona una ritirata)

Par. Ritornano dal campo: andiamo da Priamo ad onorarci guerrieri. Cara Elena, bisogna ch’io vi preghi, perchè m’ajutiate a disarmare il nostro Ettore; le tenaci squame della sua armatura, toccate dalle vostre mani d’alabastro, cederanno meglio che nol farebbero all’acciaro tagliente, o alla forza dei muscoli greci. Voi sarete più potente, che nol siano tutti quei re, per disarmare l’illustre eroe.

El. Andrò superba. Paride, dell’onore di servirlo, e trarrò più gloria dagli omaggi che gli offrirò, che da quelli che la mia beltà mi fa ottenere.

Par. Oh mia cara! io vi amo sopra ogni cosa. (escono)

SCENA II.

L’orto di Pandaro.

Entrano Pandaro e un Domestico da diverse parti.

Pan. Ebbene, dov’è il tuo signore? Da mia nipote Cressida?

Dom. No, egli v’aspetta perchè ve lo conduciate. (entra Troilo)

Pan. Viene qui. — Ebbene, in quale stato sono le vostre cose?

Troil. Tu esci, (esce il Dom.)

Pan. Avete veduta mia nipote?

Troil. No, Pandaro: ho errato intorno alla sua porta come un’anima straniera sulle rive dello Stige aspettando la barca. Sii tu il mio Caronte, e celeremente trasportami a quei campi, dove potrò riposarmi sopra letti di gigli, destinati ai mortali che ne son degni! Oh gentil Pandaro! rapisci all’amore le sue dipinte ali, e vola con me verso Cressida!

Pan. Passeggiate per questi orti: io la farò venir qui in un istante. (esce)

Troil. Sono fuori di me; l’aspettativa mi fa provare le vertigini. Il piacere che già gusto coll’imaginazione è così dolce, che tutti i miei sensi si esaltano. Che sarà dunque allorchè mi abbevererò a larghi sorsi del celeste nettare dell’amore? Ne morrò, ben lo temo. L’eccesso del sentimento logorerà la mia vita, un impeto violento sarà al disopra delle mie forze, e mi farà soccombere: sì, io ciò molto temo, e temo ancora la lotta delle mie sensazioni, che mi toglierà il sentimento distinto dei gaudii, che