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248 TROILO E CRESSIDA

questa notte? Forse questo malvagio non vi lasciò dormire? Un demonio se lo porti. (si ode battere)

Cres. Non ve l’avevo detto? Vorrei che si abbattesse la testa a quello che batte così. Chi è alla porta? Ite a vedere, buon zio. Signore, (a Troil.) rientrate nella mia stanza: voi sorridete come s’io alludessi a qualche malizia.

Troil. Ah, ah!

Cres. Errate, vi dico, io non penso a tali cose. — (si ode battere di nuovo) Con quanta forza battono! Ve ne prego, entrate. Non vorrei per la metà di Troja che foste veduto qui. (esce con Troil.)

Pan. (andando alla porta) Chi è là? che volete? Volete atterrare la porta? Chi è là? Chi è là? (entra Enea)

En. Buon giorno, signore, buon giorno.

Pan. Che! Enea? In verità, non vi aveva riconosciuto. Che vi è dì nuovo?

En. Non è qui Troilo?

Pan. Qui? A che fare?

En. Via, egli è qui, nol nascondete; ho gran bisogno di lui.

Pan. Egli è qui, voi dite? È più ch’io non so, ve lo giuro. — Io venni a casa assai tardi. — Ma che farebbe egli qui?

En. Nulla, nulla: ora voi gli nuocereste assai senza saperlo, rifiutandovi a chiamarlo. Ite, fatelo venire. (mentre Pandaro sta per escire, entra Troilo)

Troil. Che volete da me?

En. Appena ho tempo di salutarvi, signore, tanto è incalzante il mio messaggio. A poca distanza sta Paride, vostro fratello, Deifobo, il greco Diomede, e il nostro Antenore che ci è restituito, ma in cambio di cui dobbiamo dare la giovine Cressida.

Troil. È ciò pattuito?

En. Sì, da Priamo e dal consiglio di Troja; poco lungi sono i migliori duci, e tale risoluzione vogliono vedere in atto.

Troil. Vado a raggiungerli, e voi rammentate che non mi trovaste qui.

En. Basta, signore; i segreti della natura non stanno nascosti entro tenebre più profonde. (esce con Troilo)

Pan. È ciò possibile? Vinta appena, e già perduta? Il diavolo si porti Antenore! Il giovine principe ne perderà la ragione. Maledizione sopra Antenore! Vorrei gli avessero fiaccato il collo. (entra Cressida)

Cres. Che cos’era? Chi era qui dianzi?

Pan. Ah!