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302 È TUTTO BENE QUEL CHE A BEN RIESCE

SCENA IV.

La stessa. — Un’altra camera.

Entrano Elena e il Villico.

El. Mia madre si rallegra meco teneramente. Sta ella bene?

Vil. Ella non sta bene, ma però sta sana: è molto allegra, ma bene non sta; grazie al Cielo sta a dovere, e non ha bisogno dì nulla al mondo; ma pure la sua sorte non è invidiabile.

El. Se è sana, che cosa le manca per star bene?

Vil. Starebbe bene, ma le mancano due cose.

El. Quali sono?

Vil. Una, quella di non essere in Cielo, dove Dio voglia mandarla presto; l’altra, di essere sulla terra, da cui Dio voglia presto congedarla. (entra Parolles)

Par. Salute, fortunata signora.

El. Spero, signore, che i vostri desiderii si conformeranno alla mia sorte.

Par. Voi avete tutte le mie preghiere per essa, e perchè vi duri eternamente. — Oh mariuolo, come sta la mia vecchia signora?

Vil. Vorrei che voi ne aveste le grinze, ed io il denaro, e fosse quale la dite.

Par. Io non dirò nulla.

Vil. Voi siete il più saggio degli uomini; perocchè spesso la lingua d’un uomo è la rovina del suo padrone: e non dir nulla, non far nulla, non saper nulla, e non aver nulla, fanno una gran parte dei vostri titoli, che son presso a poco l’equivalente di nulla.

Par. Via, tu sei un furfante.

Vil. Avreste dovuto dire, signore, dinanzi a un furfante sei un furfante; ossia dinanzi a me sei un furfante: e il vero avreste detto.

Par. Va, va; sei un astuto malandrino, ben ti ho riconosciuto.

Vil. Mi riconosceste in voi, signore? Ovvero mi riconosceste in altri? La vostra indagine vi sarà stata delle più proficue, e avrete trovato in voi molta follia per diletto del mondo, e per accrescimento delle sue risa.

Par. Un buon mariuolo in verità, ed assai ben nutrito. — Signora, il signor mio partirà questa sera: egli conosce tutti i grandi privilegi, e tutti i diritti dell’amore che le circostanze reclamano per voi, ma è costretto da assai grave bisogna a rimettere ad altro tempo il soddisfarli. Codesta privazione e questo differimento