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332 È TUTTO BENE QUEL CHE A BEN RIESCE


ATTO QUINTO


SCENA I.

Marsiglia. — Una strada.

Entrano Elena, la Vedova e Diana con due domestici.

El. Certamente sarete stanca di correr così per la posta giorno e notte, nè fare si poteva altrimenti; ma poichè mi avete già dati tanti giorni e tante notti, e poichè avete esposte le vostre membra delicate a tante fatiche per rendermi servigio, armatevi di coraggio. La vostra bontà sta così profondamente scolpita nel mio cuore, che nulla potrà scancellarla. In tempi più lieti..... (entra un gentiluomo) Quel gentiluomo potrebbe ottenermi una udienza dal re, se volesse usare del suo credito. — Il Ciel vi salvi, signore!

Gent. E voi pure, madonna.

El. Io vi ho veduto, signore, alla corte di Francia.

Gent. Colà ho passato un po’ di tempo.

El. Spero, signore, che vi durerà quella fama di cortese che là godevate; e poichè ho un gran bisogno dei vostri soccorsi, senza altri preamboli vi offrirò tosto occasione di esercitare la virtù della vostr’anima, facendovi con ciò sicuro della mia eterna riconoscenza.

Gent. Che cosa desiderate?

El. Che vogliate avere la bontà di consegnare questo piccolo memoriale al re, e mi aiutiate col vostro credito per ottenere il favore dì essergli presentata.

Gent. Ma il re non è qui.

El. Non è qui, signore?

Gent. No in verità: egli è partito l’altra notte scorsa con sollecitudine straordinaria.

Ved. Gran Dio! è perduta ogni nostra fatica.

El. È tutto bene quel che a ben riesce; quantunque la sorte ne sembri così contraria. — Di grazia m’insegnereste dov’è andato?

Gent. Da quel che ho inteso, si è posto in via per Rossiglione dove vado io pure.

El. Ve ne supplico, signore, poichè probabilmente voi vedrete il re prima di me, raccomandategli questo memoriale; non che