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338 È TUTTO BENE QUEL CHE A BEN RIESCE

(rientra il Gentiluomo colla Vedova e Diana) Chi è quella donna?

Diana. Sono un’infelice Fiorentina, signore, discesa dagli antichi Capuleti. La mia preghiera da quel che so vi è già nota, e voi conoscete quant’io sìa degna di pietà.

Ved. Io, sire, sono una madre, io di cui l’età e l’onore han tanto sofferto degli oltraggi di cui ci lagniamo qui in presenza vostra; e entrambe moriremo se non venite in nostro soccorso.

Re. Avvicinatevi, conte. Conoscete queste donne?

Bel. Mio principe, non posso e non voglio negare di conoscerle. M’incolpano esse di qualche cosa?

Diana. Perchè ostentate di non ravvisare la vostra sposa?

Bel. Ella non è nulla del mio, mio re.

Diana. Se voi vi ammogliate, mi toglierete una mano che m’impegnaste; spenderete promesse che furono consacrate solo a me; e me da me dividerete, perchè i vostri giuramenti ne han talmente legati, che non possiamo omai più separarci l’una dall’altro.

Laf. La vostra riputazione scema ad ogni istante, e io non vi darò più mia figlia; voi non siete partito idoneo per lei.

Bel. Quella è, mio principe, una pazza impudente con cui solo celiai qualche volta. Vostra Maestà abbia un’idea più nobile del mio onore, e non creda ch’io volessi abbassarmi tanto.

Re. Signore, voi non otterrete la mia approvazione fino a che le vostre opere non l’abbiano meritata. Provatemi che il vostro onore è al disopra dell’opinione ch’io ne porto.

Diana. Buon re, ditegli di giurare ch’ei non mi ha sedotta.

Re. Che rispondete?

Bel. Che è un’impudente; che era una miserabile che si prostituiva a tutto il campo.

Diana. Ei m’oltraggia, sire. Se questo fosse, ei m’avrebbe comprata ad un vil prezzo. Non gli crediate. Gettate gli occhi sopra questo anello, a cui niuna ricchezza è paragonabile; ebbene, egli lo ha dato alla prostituta di tutto un esercito.

Cont. Il rossore lo tradisce e palesa la sua onta. Quel diamante era stato trasmesso per sei generazioni di padre in figlio. Invano egli lo nega; ell’è sua moglie, e quell’anello val mille prove.

Re. Avete detto, mi sembra, di aver veduto taluno qui in Corte, che potrebbe farne testimonianza?

Diana. È vero, signore, ma mi ripugna di produrre un testimonio vile, come è Parolles.