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394 LA MALA FEMMINA DOMATA


ATTO QUINTO


SCENA I.

Padova. - Dinanzi alla casa di Lucenzio.

Entrano da un lato Biondello, Lucenzio e Bianca; Gremio passeggia dall’altra parte.

Biond. Adagio e presto in pari tempo, signore, perchè il sacerdote è pronto.

Luc. Corro, Biondello, ma potresti esser richiesto dentro la casa, e perciò lasciaci.

Biond. No, in verità, voglio vedere il tetto della chiesa sul vostro capo, e allora ritornerò a trovare il mio padrone con tutta quella sollecitudine che mi sarà possibile. (esce seguendo Luc. e Bian.)

Grem. Stupisco che Cambio non giunga ancora. (Entrano Petrucchio, Caterina, Vincenzo e seguito)

Pet. Signore, quest’è la porta: questa è la casa di Lucenzio. Mio padre abita più innanzi verso la piazza del mercato: bisogna ch’io vada da lui, e quindi vi lascio qui, signore.

Vin. Non partirete prima d'aver bevuto un bicchiere: spero che qui sarete ben ricevuto sotto i miei auspicii, e che vi troverete, secondo tutte le apparenze, di che rinfrancarvi lo stomaco. (batte)

Grem. Sono in grandi faccende là dentro; bisogna che battiate più forte. (il Pedante comparisce a una finestra di sopra)

Ped. Chi è che batte, come se volesse atterrare la porta?

Vin. È in casa Lucenzio, signore?

Ped. Vi è, ma non gli si può parlare.

Vin. Neppure se gli recassero due o trececento doppie per rallegrarlo?

Ped. Tenetevi le vostre doppie, egli non ne avrà mai bisogno finch’io vivrò.

Pet. Non ve lo dissi, signore, che vostro figlio era molto amato in Padova? — Udite, messere, (al Ped.) per abbreviare i discorsi, vi prego di dire al signor Lucenzio, che suo padre è arrivato ora da Pisa, e che lo aspetta qui per favellargli