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ATTO SECONDO | 91 |
una qualche dama, come ve n’ha forse, soffra per amor vostro tutti quei tormenti che voi soffrite per Olivia; non potendo riamarla, perchè non glielo dichiarereste? E perchè non dovrebbe ella sopportare il vostro rifiuto?
Duc. Non vi è cuore di donna, che possa sostenere i palpiti di una passione così forte come quella da cui io sono tormentato. Non vi è cuore di donna abbastanza vasto per contenere tanto amore: esse mancano delle necessarie facoltà ad una così grande passione. Oimè! il loro amore non è che un appetito dei sensi; non è che uno stimolo al loro palato che illeso lascia il loro cuore; tal amore si estingue nella sazietà, finisce coll’avversione. Ma il mio, ampio come il mare, è come il mare inesauribile. Non fare alcun paragone fra l’amore che una donna può concepire per me, e quello che io nutro per Olivia.
Viol. Sì, ma io so...
Duc. Che cosa?
Viol. Conosco troppo bene l’amore che le donne provano per gli uomini. Vi do fede che esse hanno un cuor sincero come il nostro. Mio padre aveva una figlia che amava un uomo, com’io amerei Vostra Altezza se fossi una donna.
Duc. E quale è la di lei storia?
Viol. Non è per anche scritta, signore. Non mai ella le dichiarò il suo amore, ma lo lasciò nascosto come il verme nella boccia a divorarle le rose delle guance: ella languiva nel suo abbandono, e pallida e melanconica trascorreva i dì e gli anni. Non è questo amore, signore? Noi altri uomini possiamo dirne di più, giurare di più, ma le nostre dimostrazioni sorpassano il nostro volere, e proviamo molto coi giuramenti, poco colle opere.
Duc. Ma tua sorella è morta di passione forse?
Viol. Son tutto quello che rimane di fanciulle, nella casa di mio padre, e di fratelli anche, e nondimeno non so... Debbo andare, signore, da quella dama?
Duc. Sì, va, vola, offrile questo gioiello, e dille che il mio affetto non può venir meno, nè tollerare alcun rifiuto. (escono)