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Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1859, VII.djvu/211

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202 PERICLE PRINCIPE DI TIRO

Pericolosa impresa! — Ben savio fu quegli che, richiesto da un re di quello che meglio desiderasse, rispose della grazia di non conoscer mai niuno dei suoi segreti. Adesso m’avveggo quanto discreto fosse: perocchè se un re comanda ad un suo fido un’opera scellerata, egli è tenuto a compierla pel suo giuramento. — Ma ecco i magnati di Tiro. (entrano Elicano, Escano ed altri signori)

El. Voi non dovete più oltre dubitare, miei colleghi, della partenza del re; il suo suggello, lasciato in mie mani, vi dice abbastanza che è ito a viaggiare.

Tal. (a parte) Il re è partito!

El. E se vi desta stupore così improvvisa risoluzione, vi dirò che essendo egli in Antiochia...

Tal. (a parte) Udiamo.

El. Il re di quella terra, ignoro per qual motivo, concepì un segreto astio contro di lui, almeno egli così credè, e dubitando che il dimostrarsi pentito di quel fallo ch’egli avesse potuto commettere valesse a rendergli l’amicizia di quel monarca, corse ad affrontare le fatiche del marinaio, a cui ogni istante può recar il termine della vita.

Tal. (a parte) Codesta partenza mi salva, e dappoichè se n’è ito, troverà in mare quella morte che non ha potuto trovare in terra. Ma è tempo che mi presenti. — Pace ai signori di Tiro!

El. Taliardo d’Antiochia, siate il bengiunto.

Tal. Antioco mi manda con un messaggio pel principe Pericle; ma dappoichè intesi qui approdando che il vostro signore si era accinto a sconosciuti viaggi, riporterò il mio messaggio a quegli che me ne incaricò.

El. Noi non avremmo ragioni per impedirvi di farlo, dappoichè al nostro signore piucchè a noi eravate indirizzato. Però prima che ve ne andiate, desideriamo, come antichi amici, che partecipiate con noi ad un banchetto. (escono)

SCENA IV.

Tarso. — Una stanza nella casa del Governatore.

Entrano Cleone, Dioniza e seguito.

Cl. Mia Dioniza, vogliam noi alleviare i nostri dolori, ricordando esempi di sventure d’altri?

Dion. Sarebbe come un soffiar nel fuoco colla speranza di spegnerlo; appianare un colle per formarne uno più alto. Oh mio