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Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1859, VII.djvu/24

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ATTO PRIMO 15

pallore. Perciò che l’amante vostra sia agitata, o che abbia commesso errori, voi nol conoscerete, avvegnachè le sue gote manterran sempre quella tinta di cui la natura l’ha fornita. Codeste son terribili cose, signore, contro il rosso e il bianco.

Arm. Non entravano le rime che mi hai detto nella ballata del re e della mendica?

Moth. Son già tre secoli che il mondo era infetto da tal ballata: ma credo che ora più non si troverebbe chi ve la cantasse: ad ogni modo essa non farebbe al nostro caso.

Arm. Comporrò qualche cosa di nuovo sopra questo tema, onde giustificare la mia passione con qualche autorità imponente dei secoli scorsi. Paggio, io amo quella giovine contadina che sorpresi nel parco con quel villano Costard: ella lo merita.

Moth. (a parte) Merita di esser frustata, o di avere un amante più degno che non è il mio padrone.

Arm. Cauta, fanciullo; la mia anima è inferma d’amore.

Moth. E ciò è bene strano, sendo voi preso di una fanciulla che ha tanta salute.

Arm. Canta, dico.

Moth. Aspettate, finchè costoro siano passati. (entrano Dull, Costard e Giacometta)

Dull. Signore è piacere del re che voi vegliate sulla persona di Costard, e che non gli lasciate godere nessun diletto, ma l’obblighiate al digiuno tre giorni di ogni settimana. Quanto a questa fanciulla, debbo metterla nel parco, dove lavorerà. Addio.

Arm. Il mio rossore mi tradisce. — Fanciulla...

Giac. Uomo.

Arm. Verrò a visitarti nella tua casa.

Giac. Che è qui vicina.

Arm. So dove è posta.

Giac. Come siete sapiente!

Arm. Io ti racconterò cose maravigliose.

Giac. Con quella faccia.

Arm. Io ti amo.

Giac. Me l’avete detto.

Arm. Addio, dunque.

Giac. Bel tempo a voi.

Dull. Vieni, Giacometta, andiamo. (esce con Giac.)

Arm. Furfante, tu digiunerai pei tuoi peccati, prima di ottenere il tuo perdono.

Cost. Bene, signore, ma io spero che quando ciò avverrà, avrò già lo stomaco pieno.