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ATTO QUINTO 237


Mar. Salvete, signore! Signore, ascoltatemi...

Per. Ah!

Mar. Io sono una fanciulla, signore, che non attirò mai gli occhi d’alcun amante, e che riguardata venne sempre come una cometa: io, che vi parlo, ho provato un dolore che eguaglierebbe forse il vostro, dove fosse posto con esso nella bilancia. Sebbene la crudele fortuna mi ponesse in umile stato, io derivai da potenti re; ma le vicende umane mi rapirono i parenti, e mi trassero in servitù. — (a parte) Ora tacerò, ma ho una voce interna che mi avverte di non partire, fin ch’ei non abbia parlato.

Per. La tua fortuna... i tuoi parenti... furono eguali ai miei? Dicesti così?

Mar. Dissi che furono una nobile schiatta.

Per. Io ben lo credo. Te ne prego, rivolgi di nuovo i tuoi occhi sopra di me... tu somigli in qualche cosa... sei tu di questo paese? nascesti qui?

Mar. No, non sono di alcun paese: mia madre morì nel darmi vita, e da ciò ebbero principio le mie sventure.

Per. Sono commosso fino alle lagrime. Questa fanciulla somiglia alla mia cara sposa, e a lei somiglierebbe mia figlia, se vivesse ancora; le ciglia di Taisa: la sua persona... la sua argentea voce... i suoi occhi.... tutta la sua beltà, la sua beltà divina! Dove vivete voi?

Mar. In luogo a cui sono straniera: lo potete vedere di qui.

Per. Dove nasceste? e come acquistaste tante doti?

Mar. S’io vi raccontassi la mia storia, la credereste menzognera.

Per. Te ne prego, parla: la menzogna non può venire da te: poichè tu hai il modesto sguardo della giustizia e il placido contegno della verità. Io ti crederò, e obbligherò il mio cuore a prestar fede anche a quello che gli sembrasse impossibile; poichè troppo tu somigli ad una donna ch’io molto amai. Chi furono i tuoi parenti? Non dicesti che appartenevano ad una nobile stirpe?

Mar. Così dissi.

Per. Dimmi chi furono. Poi aggiungesti che i tuoi dolori eguaglierebbero i miei, se fossero pesati con essi?

Mar. Così dissi, e lo credo.

Per. Narrami la tua istoria; se le tue sventure agguagliano per la millesima parte le mie, tu sei un uomo, e io ho sofferto da femmina: pure il tuo aspetto è come quello di una statua della pazienza, genuflessa sulla tomba di un re, mesta e rasse-