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274 LA COMMEDIA DEGLI EQUIVOCHI

Impadronitevi di lui: toglietegli quella spada. Legate Dromio ancora, e conduceteli a casa mia.

Drom. Fuggiamo, padrone, fuggiamo in nome di Dio. Qui v’è un ospizio sacro, cerchiamovi asilo, o saremo perduti. (si ricovera con Ant. dentro un’abbazia, entra l’Abbadessa)

Abb. Calmatevi, buona gente: perchè vi accalcate qui?

Adr. Per cercarvi il mio povero sposo, che è pazzo: entriamo, e procuriamo di ricondurlo a casa.

Ang. Ben sapeva che egli era fuor di senno.

Mer. Duolmi ora d’avere sguainata la spada contro di lui.

Abb. Quanto tempo è che è così insensato?

Adr. Tutta questa settimana si era mostrato malinconico, addolorato, tristo, e ben diverso da quello che è naturalmente: ma fino ad oggi però ei non aveva mai dato in tali impeti.

Abb. Non ha sofferte grandi disgrazie in mare? Non ha perduto qualche caro amico? Agitato non è stato da qualche illegittima passione, vicende a cui van soggetti i giovani che troppo s’abbandonano ai loro fuochi naturali? Quale di questi accidenti gli è accaduto?

Adr. Nessuno, se non forse l’ultimo. Vuo’ dire qualche amore che l’allontanava spesso da casa.

Abb. Avreste dovuto fargli vive rimostranze.

Adr. Le feci.

Abb. Ma non abbastanza forti.

Adr. Forti per quanto la modestia poteva consentirle.

Abb. In privato, è possibile.

Adr. E in pubblico ancora.

Abb. Ma non con gran frequenza.

Adr. Fra l’eterno tema dei nostri colloquii. A letto nol lasciavo dormire a motivo di ciò, a mensa nol lasciavo mangiare: se eravam soli, gliene parlavo sempre; se in compagnia facevo a questo frequenti allusioni: io gli ripetevo ad ogni momento, che era una cosa vergognosa e rea.

Abb. Ed ecco come è accaduto che vostro marito è divenuto pazzo: gli acri clamori d’una donna gelosa spandono sul cuor di un marito un veleno più orribile, che non è quello del cane idrofobo. La vostra inquietudine ha turbato i suoi sonni, e il suo cervello si è alterato. Voi dite che ogni suo pasto era condito coi vostri rimproveri? Siffatti banchetti producono cattive digestioni, e alimentano i delirii della febbre, che altro non è che un impeto di follìa. Voi dite che le vostre grida gli risuonavano incessanti, ed ecco la conseguenza di un soverchio rigore. L’agitazione, il